Non è detto che la televisione sia sempre cattiva maestra. Ecco dieci bellissimi momenti di sport che ho vissuto in diretta grazie alla televisione.
- Sara Simeoni: salto in alto femminile, Praga 1978.

La gara più antica che ricordo chiaramente di aver visto alla televisione è la finale del salto in alto femminile ai Campionati europei di Praga del 1978. Lotta all’ultimo salto tra la tedesca Ackerman, prima donna a superare i 2 metri e ultima grande interprete dello stile ventrale, e Sara Simeoni, da alcuni mesi primatista del mondo con un 2,01 stabilito a Brescia. Per vincere Sara dovrà eguagliare il suo primato. Seguiranno un oro a Mosca nel 1980 e un argento a Los Angeles nel 1984, quando fu sconfitta da colei che le aveva tolto il primato, l’altra tedesca, ma dell’Ovest, Ulrike Meyfarth. Che dire? Per me – e credo per molti altri – le divinità italiane dell’atletica sono due: Sara Simeoni e Pietro Mennea.
2. Mondiali di calcio Spagna 1982: Italia-Brasile 3 – 2

Nonostante da molti anni il mio interesse per il calcio sia a dir poco sporadico, non posso nascondere quanto fu emozionante il 3 a 2 dell’Italia contro il Brasile, così forte da sembrare imbattibile. Ma loro in porta avevano Valdir Peres, noi Dino Zoff. La foto rende omaggio non solo a Paolo Rossi in secondo piano, ma soprattutto a Falcao, ai miei occhi forte come nessun altro in quei mondiali.
3. Sergei Bubka e Thierry Vigneron: salto con l’asta al Golden Gala di Roma 1984.

Sergej Bubka diventò definitivamente il più grande saltatore con l’asta quella sera. Non era bastato migliorare il primato del mondo di 7 centimetri in pochi mesi, occorreva battere l’ex-primatista nel suo stadio, l’Olimpico di Roma. Sì, perché lì, un anno prima, Vigneron non si era semplicemente riappropriato di un record che gli era già appartenuto più volte, ma aveva sorpreso e conquistato tutti con una splendida spacconata quando, tra un salto e l’altro, si era fumato una sigaretta. Anche quella sera Vigneron fumò una sigaretta dopo aver saltato 5,91, nuovo primato del mondo. Ma Bubka saltò 5,94 e tentò – credo che sia stata la prima volta – l’impensabile, cioè i 6 metri, che però gli riuscirono solo l’anno dopo. Il suo lungo regno sarebbe durato molti anni. Per me è talmente grande che credo ancora a tutte le leggende che circolavano su di lui: per esempio si raccontava che fosse in grado di compiere un giro di pista sulle mani.
4. Katarina Witt: medaglia d’oro nel pattinaggio artistico alle olimpiadi di Calgary 1988.
Non era semplicemente la più brava, era anche bellissima. Nello short program aveva indossato un costume blu e già era incantevole, ma per la finale indossò un costume rosso che ai miei occhi non particolarmente tecnici la decretò vincitrice prima ancora di cominciare a volare sul ghiaccio. Figuriamoci alla sequenza di passi sulle note dell’Habanera della Carmen di Bizet. Già la sola foto rende l’idea. E pure al gala conclusivo, col chiodo nero sulle note di Bad di Michael Jackson, chi se la dimentica! Io conservavo devotamente la sua foto nel diario di scuola.

5. Gelindo Bordin: oro in maratona alle olimpiadi di Seul 1988.

Durante le olimpiadi di Seul avevo vissuto un’enorme delusione. Una notte mio fratello mi svegliò per dirmi che Ben Johnson, vincitore con record dei 100 metri, era stato squalificato per doping. Al mattino, quando mi svegliai per andare a scuola – quelle olimpiadi si tennero nella seconda metà di settembre – sperai di aver fatto un brutto sogno e che non fosse vero. Invece no.
Per fortuna i Giochi olimpici si chiusero in gloria. Tutti gli appassionati italiani sanno come andò: Bordin, non il grande favorito, ma sicuramente uno dei più forti maratoneti al mondo da un paio di anni, a pochi chilometri dall’arrivo era terzo, ma cominciò una rimonta inesorabile. La gioia e il sorriso lievemente beffardo nel momento in cui superò Saleh non si scordano.
6. Stefania Belmondo: oro nella 30 km tecnica libera alle olimpiadi di Albertville 1992

Sono convinto che lo sport per il quale sono più dotato sia lo sci di fondo. In realtà è una convinzione campata un po’ per aria, visto che ho sempre sciato pochi giorni all’anno e che non ho mai partecipato a una gara, però per lo sci di fondo devo scegliere una vittoria speciale di un’atleta speciale, che non solo è italiana, ma è anche un’atleta sulla cui pulizia nessuno ha mai avuto dubbi. In uno sport duro come lo sci di fondo il doping è circolato e circola parecchio. Ebbene, Stefania ha vinto tantissimo per moltissimi anni battendo atlete non sempre limpidissime. Non era limpidissimo neppure il bar di Armando, vicino all’università, dove con un’amica, tra una lezione e l’altra, assistemmo alle fasi finali della gara.
Bassa, leggerissima, con una tecnica impeccabile e una rapidità di esecuzione che la rendevano temibile non solo in salita, ma anche negli sprint, per me è la più grande sportiva italiana di sempre.
7. Stefano Baldini: oro in maratona alle olimpiadi di Atene 2004

Secondo maratoneta dell’elenco e, ancora oggi, atleta che, se si diverte a spingere sull’acceleratore, tiene ritmi impensabili per le persone normali. Nel 2004 il maratoneta più atteso è il primatista del mondo, Paul Tergat, campione dalla carriera straordinaria con primati anche nei 10000 metri e nella mezza maratona e soprattutto moltissimi titoli mondiali nel cross. Ma Tergat non è in giornata, mentre Baldini è un agonista come pochi. Non sta correndo per una medaglia, ma per vincere. Ce la fa, anche se milioni di brasiliani resteranno convinti che non avrebbe mai scavalcato Vanderlei de Lima, se un pazzo irlandese non gli fosse andato addosso facendogli perdere ritmo e concentrazione mentre era in testa a pochi chilometri dall’arrivo. Gli italiani, me compreso, invece sono convinti che Baldini quel giorno avrebbe ripreso e staccato chiunque anche senza l’intervento di quello sciagurato.
8. Usain Bolt: oro nei 100 metri alle olimpiadi di Pechino 2008

Tra tanti anni potrò dire “io Bolt me lo ricordo, non mi sono persa nessuna delle sue finali. Io ho visto il più grande velocista di tutti i tempi”.
Che Bolt avrebbe vinto era fuori discussione. Tutti avevano visto nei turni precedenti la sua superiorità. Restava da vedere di quanto avrebbe migliorato il suo primato del mondo.
E lui che cosa fece? Sembrò smettere di correre, abbassò le braccia, si guardò intorno, ma non c’era niente da vedere, avrebbe dovuto fermarsi e voltarsi per vedere il resto del mondo di alcuni metri dietro di lui. Ma le sue gambe, “come per se stesse mosse” – continuavano a spingere e roteare fino a fermare il cronometro sul nuovo primato.
9. Samuel Wanjiru: oro in maratona alle olimpiadi di Pechino 2008

In Wanjiru vedevo un predestinato. Purtroppo il suo destino prese una via tragica.
Il livello dei contendenti era altissimo e l’uomo da battere sembrava essere Martin Lel, 4 mesi prima vincitore per la terza volta della più importante delle maratone, quella di Londra. Ma proprio a Londra il predestinato era arrivato pochi secondi dietro di lui. Un ventunenne che a 18 anni era già stato primatista del mondo della mezza maratona e che si era ripreso il primato dopo che glielo aveva strappato nientemeno che Haile Gebrselassie.
Il clima di Pechino era infame per una maratona, ma Wanjiru non se ne curò e impostò un ritmo folle. Folli quelli che cercarono di stargli accanto, perché ad uno ad uno cedettero, tranne lui, che vinse con un record olimpico più sorprendente di un record del mondo, viste le condizioni ambientali. Quel giorno la maratona cambiò definitivamente, non fu più una gara di resistenza, ma di resistenza alla velocità.
Vedevo in lui un maratoneta che sarebbe diventato grande come Abebe Bikila, ma i suoi demoni lo portarono ad una morte assurda nel 2011. Nella fantasia adesso immagino lui e Kipchoge, l’uomo che è diventato grande come Bikila, che sprintano per diventare il primo uomo a correre la maratona in meno di 2 ore.
10. David Rudisha: primato mondiale degli 800 metri nella finale olimpica di Londra 2012.

Chi è il corridore più bello da vedere? Per molti anni risposi Paul Ereng, vincitore degli 800 metri alle olimpiadi di Seul. Alle olimpiadi di Londra ho però assistito a quello che considero il primato più strabiliante di tutti. I primati del mondo nelle finali mondiali e olimpiche sono frequenti nella velocità, quindi fino ai 400 metri. Diverso è il discorso per le distanze dagli 800 metri in su, dove è fondamentale l’aiuto delle lepri almeno fino ai 400 metri. Che cosa fece invece Rudisha? Per battere gli avversari, giovanissimi e fortissimi, impresse un ritmo mostruoso e chiuse in 1’40″91, migliorando di 10 centesimi il suo record stabilito due anni prima a Rieti. Il tutto senza perdere per un solo istante la bellezza suprema del suo gesto.
E adesso qualcuno vuol scrivere la sua lista? L’unica regola è che valgono le gare viste in diretta.
Ciao Alessandro, Bordin non l’ho messo nella mia lista, perché mi sono fermato a 7, comunque lui è nei primi 10 anche per me. Baldini non da meno. La Simeoni, come Mennea li ricordo ma ero versante molto piccolo. Un grande peccato. Italia Brasile è in comune. Credo che quella partita sia rimasta nella leggenda del calcio. Fosse stata ripetuta avrebbero sempre vinto loro. Pagarono l’arroganza.. che nella vita e nello sport fa prendere parecchie delusioni. Citi anche momenti legati a sportivi in generale. Bolt era esaltante, molto più di Johnson. Essendo stato un appassionato di Formula 1 e boxe, se facessi una classifica con anche gli sportivi stranieri, per me ci sarebbero anche Senna, Schumacher e Sugar Ray Leonard. Auguri di buon anno.
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In Formula 1 il ricordo più bello (sempre in diretta tv, secondo lo spirito del mio articolo) è quello della vittoria di Riccardo Patrese a Montecarlo. Fu l’unico ad arrivare al traguardo, nonostante un testacoda a fine gara.
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Riccardo Patrese.. un altro mito della fanciullezza. Quella Formula 1 era un altro sport. Patrese era un po meno spericolato di Mansell, meno tecnico di Senna,meno calcolatore di Prost, ma un gran pilota. Caspita questo ricordo non ce l’ho.. la cosa mi preoccupa.. 🙂
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Ovviamente in Formula 1 il ricordo più triste è quello dell’incidente di Senna (quello di Villeneuve non lo vidi in diretta, visto che avvenne durante le qualificazioni).
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Io non lo vidi, perché quel pomeriggio del 1 maggio (vado a memoria) del 1994, stavo giocando a calcio. Ricevemmonla notizia dell’incidente via radio. Fu terribile per tutti. Molti di noi iniziarono a piangere anche se non era morto (le notizie non lasciavano sperare). Io mi avviai a casa con la radiolina attaccata all’orecchio.. nella speranza di buone notizie che non arrivarono mai. Anni dopo seppi che le ultime parole che Senna disse da vivo furono rivolte in collegamento radio in una intervista alla TV francese a Prost, suo acerrimo nemico, dicendogli che gli voleva bene… roba da pelle d’oca. Inutile aggiungere che per me Senna è il mio sportivo preferito.
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