Personaggi orrendi: Giuseppe Genna

In questo testo, e nella versione digitale e nella cartacea, sono volutamente non corretti refusi ed errori scaturiti dalla prima stesura.

Queste sono le parole che Giuseppe Genna scrive nell’occhiello del suo romanzo autoprodotto Medium (2007). Adesso, se fossi Genna, proseguirei diritto, facendo finta che per me sia ovvio che i miei lettori sappiano che cosa intendo per occhiello. In realtà ho digitato sul motore di ricerca “pagina prima del frontespizio” per scoprire quale sia il termine preciso che designa la pagina che sta tra la copertina e la pagina che contiene il nome dell’autore, il titolo e l’editore del libro – il frontespizio, appunto. Non mi dispiace che i miei lettori capiscano quello sto scrivendo. Genna invece no.

Alcuni o molti si chiederanno chi sia questo Giuseppe Genna del quale ho deciso di parlare male. La citazione che ho posto in apertura potrebbe suggerire un paio di risposte: è uno dei tanti scrittori che affollano il mondo dell’autoproduzione editoriale; è uno che non ha voglia di rileggersi.

Alla prima domanda rispondo subito di no. Giuseppe Genna è uno scrittore maturo che quest’anno varcherà la soglia del mezzo secolo di vita e che ha pubblicato almeno 20 libri, una decina dei quali con Mondadori, casa editrice per la quale ha pure ricoperto altri incarichi. Attualmente collabora anche con “l’Espresso”, viene invitato e intervistato con frequenza: insomma, è uno scrittore affermato e ha una cerchia di estimatori non ristretta.

Alla seconda domanda rispondo invece di sì, Genna non ha voglia di rileggersi e questo induce a chiedersi perché mai allora qualcuno dovrebbe leggerlo. In effetti, non ci sono valide ragioni per leggerlo, se non per farsi due risate.

Prima di affrontare la sua scrittura con un metodo scientifico ma simbolico che potrebbe piacere allo scrittore, assai sensibile all’esoterismo, diamo qualche indicazione biografica.

Nel 1994 il quasi venticinquenne Genna diventa un collaboratore della trentunenne presidente della Camera Irene Pivetti. Dalle cose che lui stesso diceva non molto chiaramente, penso che ci arrivò grazie alle frequentazioni della destra radicale, quella un po’ esoterica, e di Renato Farina, personaggio famigerato non solo perché vicino a Vittorio Feltri (e già come macchia sarebbe sufficiente), ma anche perché invischiato in storie di spionaggio delle quali è reo confesso e condannato. Non a caso, Genna si è a lungo vantato di aver utilizzato il tempo trascorso presso la presidenza della Camera per leggere dossier relativi ai servizi segreti.

Nel 1996 il collettivo Luther Blisset, quello che poi evolverà in Wu Ming, ma che a metà degli anni Novanta non si dedicava ai romanzi storici ma ad opere di controinformazione e di sabotaggio del sistema mediatico, rifila a Genna una sòla. In pratica, Genna entra in contatto con il collettivo, il quale, resosi conto di avere a che fare con un personaggio volgare e ambizioso, gli fornisce il materiale che Genna raffazzonerà per pubblicare, a nome di Luther Blisset, net.gener@tion, uscito per Mondadori. Qui, in caratteri purtroppo microscopici, si trova traccia di questa storia.

Con grande astuzia, dote che al nostro non manca, Genna riesce a reinventarsi come uno della sinistra antagonista, si avvicina a Valerio Evangelisti, con il quale collabora a lungo per il sito web Carmilla e addirittura riesce a scrivere con Evangelisti, uno dei Wu Ming e altri, un pamphlet in difesa di Cesare Battisti (2004 e poi, con ampliamenti, 2009). In generale, dagli interventi pro-Battisti che Genna scriveva, la sua argomentazione era che “Battisti è uno scrittore”. Indovinate un po’: negli ultimi 4 mesi, dopo che Battisti ha pensato bene di confessare la sua colpevolezza, Genna è tornato sull’argomento? Certo che no, d’altra parte è in ampia compagnia.

Attualmente si è imborghesito. Scrive elogi di Mattarella sull’Espresso, cosa di cui non c’è da vergognarsi, ma che stona un po’ per un apocalittico come lui. Ma sul Genna apocalittico tornerò in seguito.

Passiamo adesso a ciò che più conta in uno scrittore, cioè la scrittura stessa. Nella fluviale produzione di Genna ho scelto 3 libri a caso, i primi che mi sono capitati tra le mani. Poi ho deciso di prendere 3 campioni: il terzo capoverso dal terzo capitolo di ciascuno dei tre libri. Un bel 3 al cubo da far invidia a Dante. In realtà, poiché in due casi i capitoli non sono numerati, ma hanno un titolo, mi sono trovato in difficoltà perché ero indeciso su come trattare prologhi, antefatti. Comunque la scelta è stata compiuta prima di leggere gli estratti che riporterò.

Il primo brano è tratto da Non toccare la pelle del drago, romanzo del 2003 che ha per protagonista l’ispettore Lopez, protagonista anche di qualche altro libro di Genna. Il capoverso, tratto dal capitolo “Guido Lopez, Bruxelles, 6 settembre 2002, 11:35” è un po’ lungo, mi vien da dire che non siete obbligati a leggerlo per intero.

Era quella che Lopez aveva denominato “sindrome del pulotto maturo”: la sommatoria e il transito di affetti congelati dall’esasperazione del dolore, dall’esposizione ai corpi privi di vita, maciullati, marciti, dall’investigazione sui traffici di merda: merda in forma umana, merda in forma di denaro, merda in forma di merda. L’irradiazione costante al male – non eclatante, ma quotidiano, e non per questo meno traumatico. Lopez conosceva bene l’ascesi del funzionario di polizia: ci si chiude, ci si assenta, ci si trasforma in legno fossilizzato, calcareo. Si fa piazza pulita: di sé, anzitutto. Nessuna donna può vivere accanto a un uomo che puzza di formalina da obitorio. Saltano i dialoghi. La buona vecchia empatia che salta. Il mondo diventa un’escoriazione. I corpi morti ti si strusciano addosso, in una corrente impetuosa, ti si attaccano, ti contaminano, ti entrano dentro. I morti ti navigano nel sistema venoso. Sogni morti per anni, per anni li scopri, li ribalti, li studi. Chiudersi nella vecchia valva, silenziosa, protettiva, fredda. La necessità ti sopravanza. Non c’è male contro bene: c’è solo il male – una pellicola di putridume ubiquitario, soffocante. Hai un morto nella gola. Fiumi schiumosi di denaro scorrono trasportando cadaveri, stupefacenti cattivi e letali, armi clandestine, clandestini destinati a infoltire la schiera dei cadaveri. Il vizio eletto a norma: ecco l’unico ambiente di lavoro per operatori che non hanno più spirito né idee, ma soltanto efficienza – un’efficienza meccanica, folle, priva di assenso. Tu sei automa: non sei ancora cadavere, ma gli somigli. Il simile conosce il simile. Tua moglie non ti conosce più. Per i tuoi figli sei un estraneo e – ciò che più lascia il livido – loro sono estranei per te: non ti frega più un cazzo dei tuoi figli, non ti frega più un cazzo di tua moglie. I loro aneddoti inutili e irritanti celebrano in anticipo una fine prevedibile. Lopez contava, a Milano, in Questura, soltanto colleghi single o separati. L’indifferenza dolorosa e sorda che si aggiunge allo stato sonnambolico. Erano spazzini. Non erano più umani.

La sintassi regge, estrapolato così dal contesto il brano ha un suo sinistro fascino. Vien solo da sperare che non ogni frase del romanzo sia così piena di morti e merda.

Il secondo estratto è da Medium, proprio il libro che Genna non ha riletto. Piccola curiosità: in copertina sotto il titolo appare la scritta romanzo, proprio così, barrata, mentre sul frontespizio, sotto il titolo, si legge “Una storia vera”. Naturalmente questo non significa che si tratti di una storia vera. Ecco dunque il terzo paragrafo del terzo capitolo, “Il risveglio”.

Nessuna tenerezza nutrivo invece per me: soltanto la sensazione della sfiga, dell’inadeguatezza, dell’inopportunità della mia esistenza. Intrattenevo ciclicamente relazioni sessuali devastanti con donne raccolte negli angoli più sordidi della Rete. Il loro aspetto mi dava ribrezzo ed era il giusto fio da pagare. Pagavo, scontavo. Una parodia kafkiana. Il marchio della bestia, non quella dominatrice apocalittica, ma quella che al macello viene bollata col codice a barre.

È allegro questo Genna. Certo che con tutto quel che c’è a disposizione in rete, ogni tanto si potrebbe rimorchiare una donna guardabile. Invece no, relazioni sordide. Forse ha pochi soldi e quindi si deve accontentare. Però vola alto, si nobilita con l’accenno a Kafka e con quello all’Apocalisse (che cita per escluderla, ma che chiaramente serve per rendere la scena grandiosa).

Ecco infine il terzo estratto da History, libro del 2017. Il capitolo si intitola “Foto di famiglia con tycoon: Halloween nel Bosco Che Sale”. Non chiedetemi la ragione delle maiuscole persino per il pronome relativo.

Questo è Halloween, l’ultima festa ancestrale nuova, intrisa di morte e di inferni collaterali. È un indice di quello che siamo, tutti, la cultura che tutti ci abbracciò e ora entra in accidia e ci abbandona, svanisce con il suo eloquio e il suo spettacolo. Questo trionfo della morte che è Halloween sta trionfando nella latitudine italiana, da qualche anno accelerando, è la festa ultima, entra nella nube festiva, moltissime feste ovunque sempre, non ancestrali e sempre più nuove, fuori dagli appartamenti e dentro le strade e nelle lenti aumentative e dietro gli schermi per il gaming. Così finisce come era iniziato.

Le prime tre (ci risiamo con il 3, Genna illuminami sui significati reconditi) parole mi fanno canticchiare la canzoncina di Nightmare Before Christmas di Tim Burton, film che amo follemente. Poi si precipita nel più caratteristico Genna style. Di nuovo ci sono i morti, c’è la sua sintassi faticosa, ci sono le parole messe lì per impressionare. Mi chiedo che cosa siano le “lenti aumentative”. Occhiali? Cannocchiali per guardoni? Che cosa fa Genna? Gli sembra troppo banale lamentarsi di queste feste americane che noi italiani importiamo? Gli sembra disdicevole lamentarsi di Halloween come un vescovo un po’ bacchettone?

Ecco, Genna è sempre apocalittico. Sia nel senso etimologico del termine, perché lui pensa sempre di “rivelare” all’umanità qualcosa di nuovo e definitivo, sia nel senso più triviale di spettacolarmente disastroso. Ogni cosa che lui dice è grandiosa. Ricordo un suo articolo in cui, all’epoca dell’entrata in vigore dei divieti di fumo della legge Sirchia, i nemici del tabacco erano nientemeno che i nuovi nazisti (salvo poi scrivere, anni dopo, che sta cercando di smettere di fumare). Oppure, da quando scrive per l’Espresso, il settimanale è diventato… che cosa è diventato? Provate (se ce la fate) a leggere queste sue riflessioni su una copertina in cui il papa è raffigurato come Zorro. Genna premette che “Parlerò troppo, dirò cose che sembrano un’astrazione barocca, risulterò teorizzante a sproposito. Peraltro, risulterei essere di parte, poiché collaboro con il giornale (di fatto, questa collaborazione, mi regala l’attività intellettuale più bella e intensa che mi sia capitata negli ultimi due decenni e non sarò mai abbastanza grato al direttore e a tutti i gradi dello staff per questo)” Nonostante ciò, con sprezzo del ridicolo, continua e poi conclude:

Ho detto troppo? Sì.

Appunto.

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11 pensieri riguardo “Personaggi orrendi: Giuseppe Genna

  1. Ho cercato di metterti tre stelline di mi piace ma non funziona.
    Accidenti! Altro che pavoni e tacchini! Questo qui è l’araba fenice che risorge dalle sue ceneri! E’ inaffondabile! E’ inossidabile! E’ inarrestabile! Gli daranno il Nobel (tanto ormai lo danno a tutti). Dopo lo sputtanamento con Luther Blisset un altro si sarebbe andato a nascondere, ma lui no, lui ha delle cose da dire che gli urgono dentro! Lui ha delle convinzioni profonde che deve esternare! Lui ha un messaggio da trasmettere!
    L’avevo capito già dallo stile, uno stile enfiato da istrione da due soldi che deve coprire il nulla che c’è sotto, l’avevo capito già dallo stile che questo mente e basta. Bene l’analisi “con metodo scientifico ma simbolico”, ma sei anche troppo gentile.
    Epperò costui, lo scrittore in Milano, con alcuni “agganci e spintarelle”, e perché “sul serio può arrivare nei posti che contano”, questo paladino dell’onestà e della dirittura morale va avanti, va avanti a eruttare senza rileggersi (e perché mai dovrebbe farlo); ma la cosa più incredibile, la vuoi sapere? E’ che io sono sicura che Luther Blisset o i Wu Ming o chi per loro, adesso con Giuseppe Genna sono pappa e ciccia, perché così va nella Repubblica delle Lettere.
    E mi calmo.
    E aggiungo un tassello alla nostra privata bibliografia dell’autore: il ritratto dell’artista da giovane – par lui-même. Qui: https://vibrisse.wordpress.com/2014/07/17/la-formazione-dello-scrittore-9-giuseppe-genna/
    Dopo averlo letto, come penitenza per aver sparlato, tre Pater Ave e Gloria.

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  2. Ammetto la mia ignoranza, ma non conoscevo affatto questo personaggio. Il tuo post è veramente illuminante: volgare ed ambizioso. La storia in cui fu sbugiardato da Luther Blisset/Wu Ming è esilarante, ma una realtà che supera alla stragrande la fantasia del più perfido scrittore di noir. Ti faccio una domanda se posso. Non ho mai letto nulla di Luther Blisset/Wu Ming. Che opinione ne hai? Mi consiglieresti alcuni loro romanzi?

    Piace a 1 persona

    1. Confesso che neppure io ho mai letto i romanzi di Luther Blisset/Wu Ming. Alcuni amici li hanno apprezzati, altri, del cui giudizio mi fido molto, sono invece molto scettici. Uno mi ha detto che i Wu Ming scrivono storie, non letteratura. In effetti l’unico loro testo di fiction che ho letto è stato, ormai parecchi anni fa, un breve racconto di un incontro (non ricordo se avvenuto anche nella realtà) di loro con un produttore cinematografico e uno sceneggiatore (che era, mascherato molto grossolanamente, Vincenzo Cerami). Il testo, che doveva essere umoristico, non mi fece ridere perché era piatto linguisticamente e non conteneva trovate particolarmente originali. Però sono io che magari sono di gusti un po’ difficili. Non saprei dove ritrovare il testo, mi ci imbattei su internet, magari lo si trova sul loro sito.
      Grazie per aver letto e commentato il mio pezzo.

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  3. Lo detesto a pelle, ma il mio detestarlo non è istintivo, pregiudiziale, è invece intuitivo, ossia in altro modo razionale.
    Degli estratti che riporti m’affatica e mi irrita non la brutalità dei temi, che apprezzo e non è qui nemmeno chissà che, ma la ridondanza e la grandiosità appunto: pesanti come gnocchi poco cotti.

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  4. E’ la prima volta che fatico a leggere e comprendere un autore e non perchè complicato, misterioso, ma semplicemente perchè non sa scrivere. Voto 1/5.

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    1. Grazie del commento, sperando che quello che non sa scrivere sia Genna e non il sottoscritto!
      Sì, non saprei dire se il primo problema di Genna sia quello di non saper scrivere, visto che è anche un opportunista e un becero, però, visto che ama sottolineare il fatto di essere uno scrittore, non saper scrivere è un bel problema.

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