Nato in una repubblica, fin da bambino ho fatto una certa fatica a capire come potessero continuare ad esistere delle monarchie persino in Europa. Crescendo, ho pure imparato che l’ultimo re d’Italia (in realtà il penultimo, ma l’ultimo non conta) era stato un furfante e, in seguito, pur avendo vissuto per un periodo in Inghilterra, non ho cambiato idea sulle monarchie. È quindi con un certo divertimento che apprendo la notizia che in quel di Buckingham Palace sono in ambasce per stabilire quali titoli nobiliari dovrà o potrà mantenere la coppia del nipote ribelle e della moglie plebea che vogliono diventare un po’ meno reali. In realtà non mi sono addentrato nei dettagli della vicenda e neppure mi interessa farlo, mi è sufficiente rallegrarmi del fatto che una monarchia sia in difficoltà proprio in quanto monarchia, che sia in un certo senso in discussione lo statuto ontologico dell’istituto monarchico.
Dopo quest’ultimo sintagma ad effetto, torno terra terra e riesumo un post su Facebook scritto in occasione della morte di un membro acquisito della Famiglia Reale italiana, quella che sta a Torino, insomma, non i Savoia, ma quelli davvero potenti e temuti dagli italiani, gli Agnelli.

Donna Marella Agnelli figlia di Filippo Caracciolo principe di Castagneto.
La mente torna alla contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare di Villaggio, all’onorevole Cacabini d’Entreves di Terzoli e Vaime, al Granduca di Cognac già vedova Martell degli Squallor. Quanto è ridicola la nobiltà in una repubblica!
Ecco allora che Harry e Meghan mi danno l’occasione per spiegare apertamente il nome del mio blog.
Nella canzone Torre Annunziata, contenuta nell’album Tocca l’albicocca (1985), gli Squallor inscenano un rendez-vous erotico adulterino della contessa Torre Annunziata, moglie di Quaglione Primo e residente in una villa sfarzosa (una reggia?) a Caserta, con il Granduca di Cognac. Sopraggiunta l’alba, i due si devono lasciare e il Granduca di Cognac chiede un nuovo appuntamento. La Contessa controlla il suo carnet zeppo di impegni, il primo dei quali è giovedì, giorno del “ballo dei Zanzoni”. L’incontro è rinviato a “Sabato notte… Verso le sei del mattino”.
Rimaniamo nel dubbio: alle sei del mattino sarà sabato o sarà domenica? La Contessa fedifraga incontrerà il suo Granduca, oppure un malinteso sull’orario li terrà lontani?
Grazie per la preziosa rievocazione. Nell’enciclopedico coacervo dei loro testi mi era sfuggito, tra così tanti, il riferimento al citato ballo.
Come per molti nostri coetanei gli Squallor sono stati uno dei cardini della mia formazione morale, etica e sessuale, ed ancora oggi periodicamente consulto le loro canzoni per diradare le nubi del quotidiano, come si fa con l’I Ching.
In loving memory of Daniele Pace e Totò Savio.
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E pure di Bigazzi, dai!
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Me l’ero colpevolmente dimenticato.
E’ rimasta famosa la frase detta da Alfredo Santoro a Savio e Bigazzi ai funerali di Pace: “E adesso siamo rimasti in tre, come i Police”.
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E Cerruti! (“Cerruti, con due erre, non Cerutti, che a Napoli suona «ce rutt’ o cazz»”)
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Hai ragione! Pardon (è l’impeto)
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Il Cerruti però è ancora tra noi.
P.S. La battuta sui Police mi fa spanciare!
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http://members.iinet.net.au/~matteoli/html/Articles/Agnelli.html
Quest lo avevi letto? L’ho scritto (il giorno dopo l’evento) quando ancora non sapevo (e nessuno sapeva) che il “principe” si era imboscato qualche centinaio di miliardi (di vecchie lire) in Svizzera….manco fosse stato un berlusconio qualunque. Ciao
LM
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Questa la voce nel diziostadio, pensa che questo pezzo pubblicato nel 1994 non ha mai ricevuto obiezioni, richieste di rettifica, denuncia o quant’altro. LM
Agnelli Gianni Avvocato Un principe capriccioso, elegante, ideologicamente avido, che piace alle donne, ai media (in genere suoi), a se stesso, innamorato del suo potere. Corteggiato dai politici, affascinati dalla patina elegante e dalla luce riflessa, dominati dal carisma e dalla “leggenda”. Il Padrone di Torino, non tanto per sua ambizione, essendo naturalmente portato alla nonchalanza blase’, quanto per l’affannato servilismo dei responsabili della amministrazione, della politica e delle imprese torinesi. Voleva lo stadio della Juventus, e quando la Citta’ delibero’ la gara per il Concessionario, l’Avvocato si aspettava il “dono al Principe”, troppo torinese per proporsi. Nessuno, a Torino, avrebbe negato al Principe il diritto di costruirsi lo stadio: gli avrebbero regalato il terreno e si sarebbe anche incamerato il contributo della legge Capria. Ma non ebbe il garbo di prendere l’iniziativa: troppo abituato a una gestione imprenditoriale riverita dai cortigiani, protetta dallo Stato e totalmente garantita. La partecipazione della Fiat Engineering alla gara fu un ripiego che l’Avvocato accetto’ di malumore e controvoglia: forse aveva intuito che i suoi centurioni non avevano l’intelligenza progettuale per operare “on an even field”. La sconfitta lo fece arrabbiare non poco (un understatement per usare un termine che piace all’Avvocato), la nonchalanza blase’ venne messa da parte: la testa della Fiat Engineering (Mosconi) salto’. Quello che in particolare irrito’ il Principe fu il fatto che i “managersfiat” si erano eliminati con le loro mani dalla gara, inserendo nella offerta, forse per avidita’, una clausola suicida: la Fiat Engineering infatti non forniva il Piano Economico e Finanziario , un documento, esplicitamente richiesto dal bando e dalla legge sulle Concessioni, per dimostrare l’interesse proprio del Concessionario a ben condurre l’opera. Peggio: la Fiat Engineering diceva che il piano non era producibile data l’incertezza dei cespiti attivi. Nella sua offerta Fiat Engineering avvertiva che tutti i futuri eventuali contributi dello Stato sarebbero stati di competenza del concessionario. Anche il magistrato piu’ torinese e benevolo del mondo difficilmente avrebbe potuto accettare una eventuale scelta della Fiat Engineering. La cosa buffa e’ che la Fiat conosceva perfettamente i cespiti perche’ da anni la Juventus prendeva dalla Publimondo cospicue fettone dei proventi della pubblicita’. Ma evidentemente non poteva dirlo per timore di rivelare un segreto scomodo. Anni dopo Boniperti mi confesso’ candidamente “che la Juventus prendeva da sempre soldi da Bastino, ma che erano tutti regolarmente fatturati”. Si trattava chiaramente di “tangenti” sulla concessione pubblicitaria che l’amministrazione di Novelli “concedeva” alla Publimondo per 300 milioni all’anno. Quando gli assessori della Giunta Magnani-Noja imposero di rifare la gara, invece di rinnovare automaticamente il contratto a Publimondo, come faceva l’Amministrazione di Novelli, la pubblicita’ venne concessa per 2500 milioni (duemilacinquecentomilioni). La domanda e’: dove andava la differenza? Alla mia comunicazione in Consiglio Comunale segui’ un significativo silenzio. Ancora nel Maggio del1996 spiegai, in una intervista a la Repubblica, come si facevano le cose al tempo di Novelli. Invece di verificare le mie dichiarazioni sui documenti il giornalista de la Repubblica chiese “conferma” al Novelli il quale le defini’ elucubrazioni da delirio: Metodo tipicamente sovietico per affrontare verita’ scomode. Il signor Boffano ancora oggi definisce le mie documentate dichiarazioni “millanterie”: le verita’ del dettato “torinese” non devono essere disturbate nemmeno a dieci anni di distanza.
Ho incontrato una sola volta Gianni Agnelli allo stadio comunale. Mi venne presentato e mi disse arrotolando anche le “elle”: Ah! lei e’ quello dello stadio – Ricordi che uno stadio si fa una volta sola nella vita e la pista non ci vuole” Io risposi che ero d’accordo, ma che da solo non riuscivo a sbloccare la situazione e che, forse, se si fosse mosso lui qualcosa di meglio si poteva fare. Si volto’ verso il suo “entourage” e arrotolando le “emme”, le “elle” e le “pi” disse: “Qualcuno di voi conosce questo Primo Nebiolo? bisogna fargli una telefonata” Senza salutare si avvio’ all’uscita seguito dai suoi pretoriani. La sua azione fu talmente efficace che lo stesso Chiusano poco tempo dopo proponeva al sindaco Cardetti di fare lo stadio con la pista. Da allora lo Stadio delle Alpi deve essere per lui come una spina nel fianco: tutte le volte che vola con i suoi elicotteri sulle sue terre e vede scintillare la copertura di allumnio del grande anello alla Continassa deve provare il morso del dispetto . E’ l’unica cosa che gli e’ andata storta nella vita di Principe Felice e forse l’unica alla quale veramente teneva: un bel monumentone imperituro, dal nome che nemmeno si discute. Invece e’ costretto a vedere il disco che altri hanno voluto, collocato, realizzato, contro di lui e contro i suoi giornali e i suoi corruttori aziendali. La memoria macro di una sconfitta bruciante. Non basta che la Citta’ glielo regali: anzi questo rende la spina ancora piu’ dolorosa. Ma quando lo Stadio Delle Alpi sara’ livellato, spianato, tritato e polverizzato e al suo posto sorgera’ il suo stadio, il Principe provera’ una nuova grande delusione: anche questo stadio gli ricordera’, inesorabilmente, la sconfittta originaria. Anzi, peggio, gli ricordera’ la sconfitta e una cazzata. In chiusura mi piace citare direttamente la prima reazione di Giovanni Agnelli, 10 giugno ’90: “Il Delle Alpi è bellissimo. Non l’avevo mai visto prima, la visuale è davvero eccellente.” E l’ultima, sei anni dopo, quando si pone alla testa delle fanterie nella manovra di deprezzamento e il 20 dicembre ’96 dichiara: “Questo stadio di Torino è veramente pessimo. Temo che sia impossibile migliorarlo e che la Juventus debba abbandonarlo.”
E’ vero che nella vita si dicono tante cose e che si puo’ e si deve cambiare idea specialmente se si e’ Principi: e’ quando e perche’ la si cambia che e’ interessante per la storia.
Nel Gennaio del 2003 Gianni Agnelli e’ morto.:
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