Ogni tanto scrivo sull’onda dell’impulsività. Lo so, ci sarebbe Facebook per una cosa del genere, ma la tentazione è troppo forte, così scrivo un’altra volta su uno dei personaggi orrendi per eccellenza. E, visto che ci sono, parlo male anche di qualcun altro.
Oggi pomeriggio sono andato nella tana del lupo, in un liceo d’élite genovese, una di quelle scuole dalle quali cerco di dissuadere dall’iscriversi i miei alunni della Valpolcevera, affinché non si imbattano in docenti che correggono i temi in questo modo.
Doveva però parlare Luca Serianni, la cui grammatica scritta con Alberto Castelvecchi per la UTET è da 28 anni non solo in un posto d’onore in una delle mie librerie, ma soprattutto in un posto comodo, perché è la mia grammatica di riferimento e talvolta mi capita di doverla consultare. Anch’io oggi pomeriggio mi sono seduto in un posto comodo, in seconda fila, ma era quasi la prima perché le sedie davanti non avevano il tavolino estraibile sul quale appoggiare le proprie carte. Prima che iniziasse la lezione di Serianni, due o tre professoresse dietro di me hanno cominciato a parlare di uno spettacolo visto ieri sera, finito tardi, un po’ troppo. Era lo spettacolo di Vittorio Sgarbi su Raffaello, andato in scena al Politeama Genovese. Sì, perché Sgarbi fa gli spettacoli teatrali. Lo sapevo, perché, nonostante io eviti come la peste qualsiasi articolo che lo riguardi, spostandomi sempre a piedi o con i mezzi pubblici, avevo già visto da alcuni giorni i manifesti che lo annunciavano. Non sapevo però con precisione quando sarebbe stata la data genovese. Mi rifiuto di riportare una foto del manifesto perché la sola vista mi infastidisce oltremodo, ma posso descriverlo: l’immagine del nostro sopra i due angioletti della Madonna Sistina, Sgarbi al posto della Madonna. L’anno scorso, invece, vidi a lungo i manifesti dello spettacolo su Leonardo: una giustapposizione della faccia di Sgarbi e del volto della Monna Lisa. Non occorre essere né Umberto Eco né Roland Barthes per osservare come una locandina del genere veicoli un messaggio in cui il protagonista non è Leonardo e non è Raffaello, bensì Vittorio Sgarbi, il cui immenso ego simula di mettersi al servizio di due delle persone che hanno allontanato come pochi altri gli uomini dalle scimmie.
Ebbene, le professoresse dietro di me non erano troppo contente dello spettacolo a cui avevano assistito. “E vi sta bene!” stavo per dire. “Non lo sapete che cosa disse il mio amico Erminio? Sgarbi non c’entra niente con la cultura, al massimo c’entra con i papponi.” Quando ho scritto per la prima volta su Sgarbi, avevo già spiegato quanto fosse vera questa frase, ma posso portare un altro esempio. Ricordo un’intervista radiofonica a proposito di Ruby (Ruby Rubacuori, quella di Berlusconi, delle Olgettine, la presunta nipote di Mubarak) in cui lui si espresse con queste parole “Tu, Ruby la vedi e te la vuoi scopare”. Questa è l’idea di essere umano che ha Sgarbi, un’idea che non è quella di Raffaello, ma di un macaco.
Invece da decenni imperversa il malcostume di invitarlo a ogni inaugurazione, di intervistarlo, di affidargli grandi budget per allestire mostre e via sperperando soldi e decenza.
Ma ecco che manca poco all’inizio della lezione “Correggere gli errori di lingua: riflessioni e proposte”. Le befane dietro di me (ma sono stato un signore e non mi sono voltato a guardarle, magari erano bellissime, ma pur sempre befane) commentano “lo so già che errori fanno…” Ma perché mai siete venute allora? Parafrasando Nanni Moretti, è proprio vero che “ve lo meritate Vittorio Sgarbi”.
Io invece da Serianni oggi ho imparato molto.

Sono contento perchè confermi in qualche modo quello che percepisco io da anni su scuola ed educazione in genere, in questo Paese: il fondamento è il rancore.
Rancore per il tempo svanito senza cogliere le opportunità di costruire (si intende in generale, ovviamente) una società migliore, e l’incapacità di immaginare e accettare che qualcuno possa in futuro magari fare di meglio.
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Bellissima l’illustrazione! (il documento iconografico, come si dice a scuola)
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Grazie, l’ho scelta con attenzione.
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