Consigli per ammazzarsi di fatica la prossima estate (4) – Progetti da realizzare

Piccolo Monte Bianco da Courmayeur. È strano, ma sono salito sul Piccolo Monte Bianco, o Petit Mont Blanc se si vogliono risparmiare tre sillabe, solamente due volte.
La prima volta avevo 10 anni, se non sbaglio, era uno dei miei primissimi 3000 ed eravamo un gruppone. Ero molto orgoglioso di come avevo arrampicato durante la salita al rifugio e soprattutto perché in discesa ero arrivato al Combal per primo insieme a poche altre persone.
La seconda volta è stata nel 1994 o 1995, questa volta in solitaria. Mi piace ricordare brevemente la storia di questa salita. Uno o due giorni prima ero salito sulla Gran Sertz in giornata partendo da Valnontey. Mentre il resto della compagnia seguì la via normale che compie un giro leggermente più ampio, mio fratello ed io decidemmo di attaccare il pendio del ghiacciaio che era piuttosto secco. La pendenza non era nulla di pazzesco, tuttavia, con quel ghiaccio così duro, diciamo che era vietato sbagliare, non ci si poteva permettere di scivolare e si lavorava bene di polpacci. Soprattutto, staccavo in continuazione dei bei tocchi di ghiaccio su mio fratello che, più in basso, non aveva il casco. Direi che oggi il casco, giustamente, viene usato più spesso rispetto a un po’ di anni fa. Tornando al Petit Mont Blanc, al mattino presto mio fratello ed io eravamo a La Visaille, con l’idea di una salita e discesa rapida per allenarci per il Monte Bianco che avremmo voluto salire un paio di giorni dopo dal rifugio Gonella (ci andò male, ma questa è una storia che ho già raccontato). Appena dopo il Combal, mio fratello decise di tornare indietro per non peggiorare ulteriormente le vesciche ai piedi che gli erano venute alla Gran Sertz. Io continuai da solo a gran ritmo, con le scarpe da ginnastica ai piedi (se la memoria non mi inganna, avevo un paio di Adidas in un certo senso già da trail) e, arrivato al bivacco Rainetto, mi fermai alcuni minuti per cambiarmi le scarpe. Tirai fuori solamente la piccozza e non calzai i ramponi, non strettamente necessari viste le condizioni del ghiacciaio e i Koflach Ultra belli rigidi ai piedi. Arrivato in cima, ridiscesi subito al bivacco di corsa o in scivolata, impiegando per i quasi 400 metri di dislivello 7 minuti (tempo che ancora oggi mi inorgoglisce). Per il resto della discesa tenni gli scarponi ai piedi e a La Visaille trovai mio fratello mezzo addormentato in auto che non si aspettava di vedermi arrivare così presto. Quanto tempo impiegai? Non riesco a ricordarmelo: sicuramente meno di 5 ore tra andata e ritorno, ma non saprei dire se intorno alle 4h20′ o alle 4h50′. Comunque fu un bell’andare, ero decisamente in forma quell’estate.
Qual è adesso il mio piccolo sogno legato al Piccolo Monte Bianco? Farlo partendo dal vero fondovalle, cioè da Courmayeur. Dovrei decidere se andare fino al Combal lungo la strada carrozzabile, oppure se seguire i sentieri del Col Checrouit e dell’Arête du Mont Favre, che aggiungerebbero circa 400 metri di dislivello. Quel che cambierebbe rispetto a 25anni fa sarebbe sicuramente l’attrezzatura, molto più leggera e ridotta al minimo: scarpe da trail (quelle da neve le Salomon XA Alpine), ramponcini Nortec, bastoncini, niente piccozza, pochissime cose per coprirmi e da mangiare. Questi 2300-2700 metri di dislivello in quanto tempo sarebbero percorribili da me? Non saprei, ho in mente un possibile obiettivo cronometrico, ma non mi sbilancio.

7 rifugi in Val Ferret. Questo è un itinerario con molte salite e discese lungo lo stesso sentiero, quindi l’ideale sarebbe salire a piedi e scendere in parapendio, come se si fosse dei Jean-Marc Boivin dello skyrunning. Tuttavia il parapendio pesa troppo nello zaino. No, scherzo, è che io sono un fifone e non avrò mai il coraggio di gettarmi con un parapendio.

Non c’entra niente, ma il video di Boivin che decolla dall’Everest mi fa venire i brividi

Lasciamo allora il parapendio ai coraggiosi e spieghiamo l’idea, che è quella di infilare in Val Ferret una sequenza di sette rifugi che abbiano difficoltà escursionistiche o di facile arrampicata.
Stabilirei la partenza da Plampincieux e subito prevederei la salita con più dislivello e con le maggiori difficoltà, quella al Rifugio Boccalatte.

Ma si deve passare proprio dalle rocce per arrivare al Boccalatte? Sì.

Anche qui non vi salgo da molti anni, ma già quando salii l’ultima volta, il percorso era ben attrezzato con canaponi e non più con la catenella dello sciacquone che vidi la prima volta. Mi piace molto anche l’idea che il gestore del rifugio da alcuni anni sia Franco Perlotto, che tra gli anni Settanta e gli Ottanta è stato uno dei grandi innovatori dell’arrampicata in Italia. Ridisceso alla partenza, calpestando poco asfalto, anzi, evitandolo tenendosi al bordo della strada, salirei al Rifugio Bertone. E fin qui lo avevo già fatto molti anni fa, naturalmente da solo perché a nessuno veniva in mente un’accoppiata così incongrua come quella dell’alpinistico Boccalatte con il tranquillissimo Bertone. Dal Bertone, ritorno lungo il percorso di andata finché c’è da restare in piano, poi prosecuzione fino al terzo rifugio, il Bonatti. Si continua lungo l’itinerario dell’UTMB fino all’Arnouva e da qui salita al bivacco Comino, di nuovo in un ambiente non più di pascoli, ma di pietre e qualche roccetta. Discesa per la via di salita e salita al rifugio Dalmazzi, il cui ultimo tratto è da parecchi anni ben attrezzato. Nuova discesa e via per la salita più ripida, quella del Fiorio, con il suo durissimo pendio.

In posa eroica l’estate scorsa al Fiorio dopo una salita veloce con mio figlio. Un paio d’ore dopo ero a rimpinzarmi a un barbecue.

Al ritorno si evita però il tratto ripido e si traversa fino al Col Ferret per poi scendere all’ultimo rifugio, l’Elena. Direi che all’Arnouva si potrebbe terminare senza sentirsi in colpa se non si chiude l’anello a Plampincieux.
Sono possibili delle varianti all’itinerario, la principale delle quali potrebbe essere quella di salire prima all’Elena, poi al Col Ferret e quindi al Fiorio, evitando così il sentiero ripidissimo in salita e riservandoselo per la discesa. Sicuramente mi sembra invece che il primo rifugio della giornata debba essere il più tecnicamente impegnativo, cioè il Boccalatte.
Ad occhio e croce il giro sarebbe da circa 4000 metri di dislivello, molti dei quali su sentieri ripidi, ripidissimi e roccette. Un bel vantaggio è che non sarebbe necessario portarsi dietro quasi niente da bere e da mangiare, potendo contare su ben 5 rifugi (il Comino e il Fiorio sono bivacchi) nei quali prendere qualcosa. Portatevi dunque qualche euro per sostenere i rifugi.

Chetif Testa Bernarda Testa Licony Crammont. Nella seconda puntata di questa serie ho parlato del mio vecchio concatenamento delle tre vette escursionistiche che guardano Courmayeur. C’è però un quarto monte che guarda Courmayeur: il Crammont.
La storia del Crammont è gloriosa perché già nel 1774 vi salì lo scienziato ginevrino Horace-Bénédict de Saussure, il motore della prima salita al Bianco, la cui vetta avrebbe raggiunto nel 1787, un anno dopo Balmat e Paccard. Il Crammont è quindi un punto di osservazione davvero privilegiato sul Bianco.
Per cercare un tracciato il più possibile ad anello, la prima salita da Courmayeur sarebbe quella dello Chetif lungo il sentiero normale che passa per il Checrouit. Discesa per la ferrata – evito i dettagli e rinvio al mio pezzo che ho ricordato poco sopra – e salita al Bertone dalla Val Sapin. Si continua fino alla Testa Bernarda e alla Testa della Tronche, si scende al Col Sapin e da qui fino a Currù e si risale fino al Colle e alla Testa Licony.

Il Monte Bianco visto dalla Testa Licony

A questo punto, discesa lungo l’itinerario del doppio vertikal e arrivo al punto più basso della giornata tra Morgex e Pré-Saint-Didier. A Pré-Saint-Didier un sentiero sistemato da alcuni anni permette di evitare di salire lungo la strada del Piccolo San Bernardo e di non infilarsi nelle gallerie, molto pericolose per i pedoni. Cercando di evitare il più possibile l’asfalto, si raggiunge Elevaz e si sale in cima all’ultima vetta della giornata. A questo punto si avrebbero nelle gambe più di 5000 metri di salita. Esclusa l’ipotesi parapendio, da qualche parte bisognerebbe scendere. Non ho una cartina a disposizione, perciò non so se dal Crammont sia possibile raggiungere il Colle Arp senza perdere troppa quota. Sarebbe l’ideale, perché dal colle si potrebbe scendere a Dolonne e quindi fino a Courmayeur chiudendo perfettamente l’anello. Altrimenti, per chiudere un anello meno perfetto, toccherebbe ridiscendere fino a Pré-Saint-Didier e da qui risalire a Courmayeur per un sentiero in realtà non troppo intuitivo. Oppure ci si potrebbe far venire a prendere ad Elevaz ben lieti di essersi guadagnati la cena.

Leggete delle vere descrizioni degli itinerari, studiate bene le cartine e buone corse e camminate. Nella prossima ed ultima puntata descriverò i miei due ultimi grandiosi progetti. Per le fatiche già compiute, invece, potete leggere la prima, la seconda e la terza puntata.

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