Proviamo a dire una frase di apparente buonsenso, talmente saggia da scriverla in grassetto: quando avrai scelto tutto il materiale per il Giro del Monte Bianco, potrai decidere quale zaino usare.
Sbagliato, anzi sbagliatissimo!
L’assennato girino con famiglia pensa in quest’altro modo: prendi uno zaino che non superi i 35 litri e fai stare tutto lì dentro. Se non ce la fai, stai sbagliando qualcosa.
Scoraggiati dall’epidemia, all’inizio di marzo avevamo lasciato in sospeso la guida al Giro del Monte Bianco con la famiglia; nel frattempo metà estate è passata e non so bene come stiano funzionando i rifugi e con quali differenze tra i tre paesi – Italia, Francia, Svizzera – toccati. Tuttavia, è doveroso concludere ciò che avevamo iniziato a scrivere. Ed è pure meglio abbandonare il plurale maiestatis usato fin qui.
È il momento di spiegare che cosa mettere nello zaino e come usarlo.
Lo zaino. Partiamo proprio dal contenitore e dalle due frasi che ho scritto poco sopra. Partire per il giro con uno zaino troppo grande è un errore non meno grave di scegliere una calzatura sbagliata. Pensare che sia possibile scegliere uno zaino grande “ma lasciarlo mezzo vuoto” è una pia illusione, perché se anche ne foste teoricamente capaci, arriverebbe il momento delle richieste altrui e dei compromessi con se stessi: ti ci sta quest’altra felpa per me? La portiamo una bottiglia di grappa? Visto che ci stanno, perché non portiamo 20 metri di corda e 2 moschettoni che non si sa mai? Per la sera mi porterei da leggere Guerra e pace; ho paura di aver male ai piedi, mi porto un paio di scarpe in più…
Se lo zaino è di 35 litri, invece, queste cose non saranno possibili e ci si dovrà limitare all’indispensabile. State comunque tranquilli, non dovrete spendere centinaia di euro in materiale superleggero e super compatto, nella maggior parte dei casi sarà sufficiente scegliere e usare con intelligenza ciò che avete già in casa, considerando che siete persone già abituate a camminare e che quindi avete sicuramente quasi tutto quel che vi serve.
Nelle foto qua sotto potete farvi un’idea degli zaini che la mia famiglia ha usato per restare 4 notti in rifugio e camminare 5 giorni nel 2018
Zaini 1 Zaini 2 Zaini 3 Zaini 4 Zaini 5
Nella foto 1 a sinistra ci sono io con uno zaino da 32 litri della Deuter. Dentro c’è stato tutto il mio materiale, quasi tutto il cibo per la famiglia e qualcosa della figlia più piccola. Alla mia destra c’è la figlia piccola con uno zaino da 20 litri molto ben sfruttabili della North Face. Ovviamente non è un North Face da scuola. Nelle foto 3 e 4 si vede bene che uno zaino più grosso sarebbe stato sproporzionato per la sua schiena. Ancora a destra, mio figlio ha uno zaino Climbing Technology da 35 litri. È un modello più alpinistico rispetto al mio Deuter, ma fa il suo dovere anche quando si cammina. Infine c’è mia moglie con un Ferrino che arriva a 60-70 litri: quello è uno zaino sbagliatissimo, infatti lo ha caricato all’inverosimile e qualche giorno dopo la fine del Giro ha comprato un Lafuma da 40 litri. La figlia di mezzo, invece, ha un Deuter anche lei, come si vede bene nella foto 5, da una ventina di litri e dallo schienale piuttosto corto, molto adatto alla sua altezza.
Nella foto 5 si vede un’altra cosa importante: la figlia piccola era in un momento di difficoltà e mi aveva lasciato il suo zaino. Se non fosse per le braccia tenute un po’ larghe, quasi non si noterebbe la cosa e questo è possibile grazie al fatto che lo zaino è di dimensioni contenute. Tenete in considerazione l’eventualità che qualcuno possa aver bisogno, magari anche solo per mezz’ora, di cedere lo zaino a qualcuno più in forma: un catafalco da 70 litri renderebbe tutto molto più complicato e rischioso (sì, rischioso, perché il forzuto con due zaini avrebbe la visibilità molto ridotta).
Molti zaini sono oggi dotati di coprizaino da usare in caso di pioggia. Se il vostro zaino non lo ha, può valer la pena di comprarne uno, oppure di fabbricarselo con un sacco della spazzatura. Non è elegante, ma costa poco.
Per concludere con gli zaini, stabilirei quindi un paio di regole: 30-35 litri sono più che sufficienti, con una deroga fino a 40 litri per chi decide di portarsi una macchina fotografica reflex; per i bambini invece non supererei i 20-22 litri. Non amo le tasche laterali esterne sporgenti perché le ritengo troppo ingombranti, invece apprezzo le separazioni in scomparti interne e le eventuali cerniere di accesso. Per esempio il mio zaino ha una zona in fondo che può essere separata e alla quale si accede con una ampia cerniera semicircolare.
Le scarpe. Non meno importante della scelta dello zaino è quella delle scarpe.
Trent’anni fa non si avrebbero avuti molti dubbi: infila delle pedule e sei a posto. Oggi il mercato propone un’infinità di modelli e anche un camminatore esperto può essere in difficoltà: scarpa da trail o più strutturata? Scarpa alta o bassa? E le “mid” vanno bene? Pelle o tessuto? Con membrana impermeabile o senza? Membrana goretex o altre membrane?
Proverò a fare un po’ di ordine, tenendo conto di 4 fattori: innevamento, previsioni meteorologiche, muscolatura, patologie. Prima ancora, do però 2 consigli preliminari, il primo dei quali è di non usare scarpe da trail. Sembrerà strano che io che ho corso l’UTMB anche con modelli molto leggeri dia questo consiglio, ma lo faccio proprio perché so di che cosa parlo. Per camminare diversi giorni di seguito con uno zaino di alcuni chili sulle spalle, il piede ha bisogno di una protezione e di un sostegno che una scarpa da trail non ha. Per permettervi di usare delle scarpe da trail durante il Tour, dovreste essere molto forti muscolarmente e abituati a usarle per molti chilometri. Tanto per darvi un’idea, quando ho percorso il Giro con la famiglia, né io, né mio figlio, nonostante siamo molto muscolati, abbiamo usato scarpe da trail. Io ero reduce da un infortunio alla pianta del piede e mio figlio aveva pure lui qualche dolore alla pianta. Questo ricordo personale mi permette di stabilire una specie di regola: se siete doloranti per un infortunio o una patologia, alzate di un grado il livello di protezione e usate una scarpa più protettiva e con maggior sostegno.
Il secondo consiglio preliminare è riservato a chi deve comprare le scarpe: andate in un negozio in cui ci sia non solo una persona competente che vi possa consigliare, ma dove siano presenti molti modelli e non quell’unico modello che il negoziante inevitabilmente cercherà di vendervi.
Innevamento. Se siete sui sentieri all’inizio di luglio è probabile che al Col de la Seigne e al Col du Bonhomme troviate dei nevai non piccoli, perciò è consigliabile una scarpa almeno un po’ impermeabile e alta per evitare che la neve entri dentro la scarpa. In alternativa, ma non lo consiglio, potreste usare una scarpa bassa con la ghetta. Tenete anche conto che una scarpa più rigida sui nevai duri permette di battere il piede con più energia e di scavare un gradino più sicuro.
Nel caso in cui facciate il Giro ad agosto, non dovrebbero esserci problemi di innevamento, anzi è possibile che non pestiate praticamente mai la neve.
Previsioni meteorologiche. È vero che in montagna il tempo cambia velocemente e che le previsioni di più giorni sono inevitabilmente meno precise, ma è bene informarsi con le previsioni italiane, francesi e svizzere prima di partire, affinché, in caso di pioggia o neve (sui colli più alti può capitare anche ad agosto), possiate decidere di usare una scarpa più impermeabile e con la suola più adatta al fango (il tacco dei tipici scarponi da montagna ha proprio la funzione di impedire lo scivolamento).
Muscolatura. Se siete molto forti di gambe e avete le caviglie robuste, potete usare delle scarpe basse, guadagnando qualcosa in peso e agilità. Sarete però molto più esposti e l’unica protezione dalle distorsioni saranno i vostri muscoli e la vostra buona tecnica. Personalmente sconsiglio alla maggior parte delle persone di fare il Giro del Monte Bianco con le scarpe basse.
Veniamo adesso agli esempi concreti e vediamo come la mia famiglia si è calzata nel 2018.
Scarpa Mescalito La Sportiva TX4 La Sportiva Falkon Scarpa Hekla
Manca la foto delle pedule usate dalla figlia più piccola, delle Salomon con membrana in goretex di taglio mid ormai al terzo figlio che dopo il Giro furono buttate via.
Io, che probabilmente avrei usato delle scarpe da trail, come ho già detto ero reduce da un infortunio, perciò ho scelto una scarpa bassa, ma protettiva. La Mescalito rientra nella categoria approach, cioè quel genere di scarpe adatte a terreni sassosi, avvicinamento alle pareti, vie ferrate e, per chi sa usarle bene, vie alpinistiche non troppo difficili. Tanto per intendersi, una buona guida alpina con una calzatura così può salirci il Cervino, se non ci sono troppi nevai, e può accompagnare i clienti su molte classiche delle Dolomiti. La Mescalito però, rispetto alla maggior parte delle scarpe della sua categoria, ha il vantaggio di essere confortevole e utilizzabile per lunghe camminate e se la discesa è ripida non fa rimpiangere una scarpa da trail vera e propria (io mi son divertito a scendere gli 800 metri di dislivello che separano La Flégère da Les Praz in meno tempo possibile, con tanto di passaggio disinvolto sul green del campo da golf di Chamonix). L’aderenza della suola, grazie alla mescola Vibram Megagrip, è super. Quali sono i suoi limiti? È una scarpa bassa, quindi in un eventuale nevaio non impedisce alla neve di entrare dall’alto; inoltre, essendo bassa, si è più vulnerabili, quindi meglio avere le caviglie robuste e le gambe muscolose. Queste due qualità non mancano né a me né a mio figlio, che ha usato le La Sportiva TX4, anch’esse scarpe da approach e con suola in Vibram Megagrip. Rispetto alle Mescalito non sono ugualmente confortevoli per le lunghe camminate, ma per mio figlio che pesa qualche decina di chili meno di me, vanno benissimo.
La figlia di mezzo ha usato le La Sportiva Falkon, che, per chi conosce la scarpe da trail, sono praticamente la versione mid e per bambini delle collaudatissime Ultra Raptor, uno dei modelli da trail più protettivi. Per un bambino è una buona scarpa, perché è leggera e agile, ma offre sufficiente protezione alla caviglia.
Infine, mia moglie ha usato uno scarpone in pelle. L’aspetto fa pensare a una scarpa pesante, ma in realtà è abbastanza leggera. Non so se sia un modello ancora in produzione, ad ogni modo nel catalogo Scarpa modelli simili non mancano, così come non mancano scarpe in pelle comodissime di altre aziende come la Meindl, ben nota per la comodità e l’affidabilità delle sue scarpe. Perché scegliere una scarpa del genere? Se si prendono storte facilmente e si ha pure uno zaino pesante avrete un passo un po’ meno agile, ma in compenso vi sentirete sicuri e comodi, come se poteste camminare ininterrottamente per giorni e giorni.
Vedete quindi che nella stessa famiglia, a seconda delle caratteristiche fisiche e dell’allenamento si sono scelti tre tipi di scarpe: basse ma adatte al terreno roccioso, pedule leggere, scarpone di pelle leggero ma molto robusto. Non c’è una sola scelta che va bene per tutti.
Ciabatte. Lo zaino deve restare leggero, perciò le uniche altre calzatura da portare sono le ciabatte. Detesto le infradito e trovo disdicevole che un uomo indossi quelle di plastica al di fuori delle spiagge e degli impianti sportivi, tuttavia sono le ciabatte meno ingombranti, quindi vada per le infradito anche per me.
In effetti, nei rifugi si troverebbero i sabot di gomma, quindi uno potrebbe non portare neppure le ciabatte, come si fa nei rifugi d’alta quota, tuttavia se si vuole fare un doccia è più comodo e igienico avere il proprio paio.
Calze. Partiti dai piedi, proseguiamo verso l’alto.
D’estate vanno benissimo delle calze corte, ma se qualcuno preferisce le calze fino alle ginocchia, non ci sono controindicazioni e le si abbasseranno se si sentirà caldo.
Esistono tantissime calze con le fibre più varie e che promettono effetti mirabolanti, compreso quello di non farvi puzzare i piedi, ma non siate così ottimisti e seguite piuttosto questi consigli.
- No ai fantasmini. Le calze devono perlomeno spuntare dalle scarpe e coprire (cioè proteggere) i malleoli, quindi lasciate perdere velleità di eleganza. Gli adolescenti non temano di sembrare ridicoli.
- No al cotone. Il cotone è una fibra idrofila, quindi si inzuppa quando sudate, si inzuppa se vi bagnate e impiega molto tempo ad asciugare.
- No al filo di Scozia. Troppo sottile e poco protettivo.
- Sì a imbottiture e protezioni contro le vesciche. Sì trovano in tante calze e possono essere molto comode.
- Lana? Dipende. Lascerei perdere i vecchi calzettoni spessi tre dita, anche se fanno tanto vecchio montanaro; piuttosto oggi esistono calze in lana merinos – spesso accoppiata con altre fibre – di qualità eccellente. Scegliete le versioni estive e non quelle da sci.
- 2 ricambi al massimo. Lo so che per alcuni è cosa dura da accettare, tuttavia lo spazio nello zaino è poco e la vostra schiena è debole. Quando arrivate in rifugio toglietevi subito le calze con cui avete camminato e fate prendere aria. Se non è tardi e c’è il sole, lavate le calze e stendetele ed eventualmente terminate l’asciugatura il giorno dopo appendendole all’esterno dello zaino. Personalmente io ho usato un paio di calze corte da running della Accapi (roba fichissima con la fibra Nexus che non ho ancora ben capito quali effetti avrebbe) per 5 giorni di seguito senza mai lavarle. Alla sera, quando era più freddo, specialmente nei rifugi a quota più elevata, usavo un paio di calze lunghe sottili (e quindi poco ingombranti) ma calde sempre della Accapi. L’uso delle calze con le ciabatte infradito è in effetti un problema ed è una delle ragioni della mia avversione per le infradito.

Intimo. Sconsiglio nuovamente il cotone, che si inzuppa di più con conseguente rischio di arsura all’inguine. Quanto alla scelta tra slip o boxer, lascio alle preferenze personali. Può essere considerato comodo calcolare un cambio al giorno, ma, di nuovo, potete anche lavare le mutande, che asciugano più in fretta delle calze. Visto che si parla di intimo, non so dare consigli per i reggiseni, ma immagino che le donne siano sufficientemente preparate su quelli sportivi.
Pantaloni. Un paio di pantaloni corti indosso e un paio lunghi nello zaino. Aggiungere qualcosa non è necessario, mentre è possibile essere ancora più spartani se si usa un modello 2 in 1, uno di quei calzoni che, grazie a una cerniera sopra al ginocchio diventano lunghi o corti.

Tra i pantaloni corti eviterei i modelli da corsa perché sono troppo delicati e non hanno tasche adeguate. Quindi niente “svolazzini” (i tipici calzoncini corti o cortissimi da atletica) e niente ciclisti, così non facciamo ridere gli americani che trovano gli europei buffamente attillati.
Io consiglio dei calzoni come quelli della foto qui sotto: non sono di cotone e quindi asciugano molto in fretta, cosa comoda non solo quando si suda, ma anche nel caso in li si debba lavare al pomeriggio per indossarli il giorno dopo, e oltre alle 2 tasche laterali, ne hanno una sul retro con cerniera e una sulla coscia con un piccolo velcro. La tasca sulla coscia è molto comoda per infilarci una macchina fotografica compatta o il telefono, oppure qualcosa da mangiare.

Pantaloni del genere si trovano per tutte le tasche, da quelli Patagonia che vi dureranno per decenni a quelli di Decathlon che vi faranno risparmiare un bel po’.
Quanto al cotone, anche se non è la soluzione ottimale, non è da escludere e può avere il vantaggio della robustezza. Suggerirei dei pantaloni da arrampicata come quello della foto perché il taglio all’altezza del cavallo li rende comodi (non devono impedire le spaccate), così come la percentuale di elastane e la fascia elastica posteriore
Per quanto riguarda i pantaloni lunghi, considerando che normalmente si cammina con quelli corti e che quindi rimarranno nello zaino, mi preoccuperei di due caratteristiche: leggerezza e comprimibilità. Di nuovo, i capi in cotone sono di solito più pesanti e ingombranti e si asciugano più lentamente. Io ho usato questi calzoni. Sono un modello alpinistico/da arrampicata, sono molto elastici e, arrotolati, occupano pochissimo spazio.
Magliette. Non so se ci siano molti nostalgici del cotone, ormai anche tra gli escursionisti la maggior parte delle persone è passata alle magliette da corsa. Il grande svantaggio è che quasi tutte puzzano, per il resto ci sono molti vantaggi: pesano poco, occupano poco spazio, si asciugano velocemente. Quanto a modelli e marche, ne esistono un’infinità, da quelle poco costose a quelle carissime, da quelle dalla vestibilità comoda a quelle aderenti e compressive che francamente sconsiglio a chi non corre. Se non patite il freddo e il meteo prevede giornate calde, potreste osare persino la canottiera, magari non troppo sbracciata.
Quante magliette? Tre in tutto e quando siete in rifugio ogni due giorni lavatene una.
Strato intermedio. Si aprono un mare di possibilità. Come principio guida mantengo quello dell’ingombro, perciò sconsiglio maglioni o felpe troppo voluminosi. Al pile, che fino ad alcuni anni fa sarebbe stato la scelta inevitabile, si sono affiancati molti altri capi spesso derivati dal mondo della corsa, oppure progettati direttamente per la montagna. E se anche parliamo di pile, in realtà possiamo parlare di prodotti molto diversi per peso, spessore, termici, elasticità. Caratteristica fondamentale del pile è comunque quella di non inzupparsi. Se dovessi consigliare un pile, consiglierei comunque una cosa del genere
Il capo è sufficientemente caldo, è elasticizzato e quindi molto comodo e, una volta arrotolato, occupa poco spazio. Di capi del genere se ne trovano di parecchie marche, non sono regalati, ma secondo me sono un acquisto del quale non ci si pente perché un capo del genere si può usare in moltissime situazioni.
Tuttavia, quando ho fatto il Giro l’ultima volta io avevo un capo diverso. Purtroppo non sono sicuro che l’articolo sia ancora in catalogo.
Questo capo mi è talmente piaciuto, che, pur essendo un genovese parsimonioso, ne ho comprato uno uguale (a parte il colore), prima che questo si consumasse. Con il senno di poi, mi è andata bene, visto che una manica della giacca arancione si è rovinata dopo una caduta. La giacca ha una leggera felpatura interna e un esterno in nylon con un’ottima resistenza al vento ma traspirante. Non è impermeabile, ma in caso di qualche gocciolina fa restare asciutti. Ripiegata nella sua tasca occupa pochissimo spazio, tanto che a me è capitato di correre tenendola in mano. Difetti? Non è adatta ai freddolosi e non è elasticizzata.
Proteggersi dal freddo. Va bene che è estate e che bisogna ottimizzare l’ingombro, ma qualcosa di caldo bisogna pure portarlo e quasi sicuramente lo si indosserà, magari di sera fuori dal rifugio mentre si prende una boccata d’aria prima di andare a dormire.
Qual è l’imbottitura che a parità di peso e ingombro tiene più caldo? Non c’è dubbio, è la piuma d’oca. La piuma di buona qualità è però costosa e, inoltre, ha il difetto di patire l’umidità e di perdere parte del suo potere calorifico quando si bagna. Qual è allora l’imbottitura sintetica che la fa meno rimpiangere e che in più tiene caldo anche da bagnata? Lasciando stare il PlumaFill utilizzato nei Micro Puff della Patagonia, che è un prodotto eccezionale ma con il tipico – oso dire unico – difetto dei prodotti Patagonia, cioè il prezzo, opterei per il Primaloft, utilizzato da molte aziende. Qui sotto vedete, sia aperta, sia compattata, la mia giacca in Primaloft.
Dal momento che avevo già uno strato intermedio resistente al vento (la giacca Marmot di cui ho appena scritto), avevo ritenuto sufficiente una giacca calda e che, in caso di pioggia, non avrebbe patito. La scelta più comune è però forse quella di portare due giacche: un guscio in goretex o similari e una giacca imbottita in Primaloft da indossare eventualmente sotto il guscio. È una soluzione più versatile che consente di affrontare il vento sia quando si è fermi magari su un colle, sia quando si cammina e una giacca imbottita farebbe sudare.
Per concludere con gli indumenti che resteranno spesso nello zaino quando camminate, ecco una foto con i pantaloni lunghi, lo strato intermedio e lo strato caldo esterno usati da me e compattati per ridurre lo spazio. Arrotolate anche le magliette e vedrete che sfrutterete al meglio lo zaino.

E se piove? Avete il coprizaino, avete una giacca magari di goretex, ma se piovesse forte non sarebbe meglio avere qualcos’altro? Se siete degli irriducibili pronti a camminare per ore sotto la pioggia battente (ma non sotto i temporali, altrimenti siete semplicemente degli incoscienti), userete una mantella, magari anche piuttosto spessa e pesante. Ma se volete restare leggeri e, in caso di pioggia, prevedete di alleggerire la tappa, aspettare che il tempo migliori, prendere una corriera, potete scegliere un capo da pochi grammi, uno di quegli impermeabili che magari vi hanno regalato a qualche manifestazione, praticamente una via di mezza tra un sacco della spazzatura e una mantellina.

Soluzione d’emergenza che ha ovviamente alcuni limiti, per esempio al primo ramo che sfioraste la mantellina si strapperebbe.
Per dormire. Quando a 8 anni feci con genitori e fratelli per la prima volta un pezzo di Giro del Monte Bianco, ci portammo il sacco a pelo. Non fatelo! Nei rifugi ci sono le coperte e l’unica cosa che vi serve e che è obbligatorio portare è un sacco lenzuolo. Di nuovo, se non ne avete uno, sceglietene uno leggero.

E sotto il lenzuolo? Un pigiama corto non è da escludere, sicuramente fa piacere, ma una maglietta – questa volta di cotone – è più che sufficiente. Gli uomini, che di solito sono più bestiali, di regola si accontentano della maglietta e delle mutande, le donne in molti casi preferiscono portarsi un paio di pantaloncini. Nei cameroni dei rifugi non mi è mai capitato di incontrare donne che si infilassero nel sacco indossando solamente due gocce di Chanel n. 5.
Altri accessori. Guanti, occhiali, berretto. Sì, portateli, tenendo conto che non servono guanti pesanti, che un Buff può svolgere più funzioni, compresa quella di berretto, che un cappellino con visiera può essere molto utile non solo per chi ha pochi capelli, ma anche per proteggersi eventualmente dagli schizzi della pioggia. Quanto agli occhiali da sole, se siete a inizio stagione e ci sono ancora molti nevai, i vostri occhi vi ringrazieranno se li indossate.
Nella prossima puntata parlerò degli ultimi accessori da infilare nello zaino, del cibo e, infine, darò qualche consiglio su come affrontare le giornate di cammino.
Post molto utile anche a un montanaro sradicato e un po’ degenere come il sottoscritto, che se va bene ormai fa un paio di passeggiate all’anno. Per quello che vale: da una decina d’anni ho un quechua forclaz da 25 l ed è il miglior zaino che abbia avuto, non solo come rapporto qualità prezzo. Scarponcini Olang con una loro mescola vibram (marchio che da solo non vuol dire molto, come ho avuto modo di scoprire qui a Venezia facendo dei bei voli sulla pietra d’istria bagnata mentre calzavo delle comodissime e leggerissime scarpe da trekking “vibram”), calzetti decathlon (un misto elasticizzato con rinforzino sul tallone) che incredibilmente non puzzano, al contrario di un paio di magliette “tecniche” che a un certo punto ho smesso di usare. Si asciugavano in fretta, è vero, ma dopo la prima sudata hanno acquisito in modo permanente quell’olezzo di piscio di gatto che nemmeno venti lavaggi estremi riescono a togliere. Le lavi e dopo averle rimesse per mezz’ora, torna tutto il “chateux”. Magari è colpa mia, eh. Quando sarà l’ora, donerò le mie ascelle alla scienza
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Non ho esperienze della pietra d’Istria bagnata perché sono sempre stato a Venezia con il bel tempo, ma posso dire che anche a Genova sulle mattonate, ma forse crêuza è un termine ormai comprensibile per tutti, quando piove non c’è mescola che tenga. Io dico sempre che correre in discesa su una crêuza umida è più pericoloso che scendere dal Cervino di corsa.
Per il resto, dimostri che con un po’ di attenzione ci si può fare un buon guardaroba senza sbancarsi.
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Ecco pure io a Genova sempre col sole, ma scendendo la via di cui non ricordo il nome e che arriva al teatro della Tosse ricordo di aver pensato “quando piove questa si fa tutta col culo”. Lì però è l’arenaria dei vicoli, se non sbaglio.
A Venezia i pietroni, di trachite, sarebbero (teoricamente…) antiscivolo, ma in particolare sui ponti trovi un cordolo di pietra d’Istria levigato da tre-quattrocento anni di passaggi. Per non parlare delle malefiche alghette che vi si formano.
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