Quando scrissi la mia guida all’UTMB, dedicai alcune righe e una fotografia ad Andrea Huser.
Ieri sera ho provato un grande dolore alla notizia della sua morte per un incidente in allenamento a Saas Fee. Già a scrivere questa frase mi rendo conto che sto scrivendo qualcosa di inadeguato. Andrea aveva concluso la sua carriera di atleta di altissimo livello, quindi se si trovava sui monti di Saas Fee non si stava semplicemente allenando o tenendo in forma, ma stava facendo ciò che le piaceva nel luogo che le piaceva: faticava in uno dei posti con le più belle montagne delle Alpi. Questo è il pensiero che riesce a placare la tristezza per la perdita dell’atleta che, in veste di rivale, mi ha forse spinto più di chiunque altro a realizzare, nel 2014, il mio sogno di concludere l’UTMB in un tempo più breve di quanto io avessi sognato per anni.
Sulla Tête aux Vents ho visto in azione un’altra atleta dura, anzi durissima, la svizzera Andrea Huser. L’avevo superata a Praz de Fort e da quel momento non ero riuscito a staccarla, mi si riavvicinava e ai ristori magari ripartiva prima di me. Su quest’ultima salita spingevo più che potevo, ma non riuscivo a staccarla di più di un paio di minuti. Una grande, infatti dall’anno successivo ha cominciato a vincere a tutto spiano ed è diventata una delle migliori ultratrailer al mondo.
Qualche volta, con un po’ di fortuna, ho respirato l’aria delle posizioni in alta classifica, e se dovessi spiegare come si fa ad andare forte in un ultratrail, non potrei fare nulla di meglio che spiegare come lei affrontasse l’ultima salita dell’UTMB. Non si trattava di resistere e tenere duro su una salita ripidissima dopo oltre 150 km di gara, ma proprio di cercare di andare più forte possibile, spingendo con le gambe e con i bastoncini. Chi sale sui podi nei grandi ultratrail sa fare questo: non sa semplicemente arrivare in fondo, ma sa dare il massimo fino all’ultimo metro per essere più veloce degli altri. Ad ogni gara importante ero sicuro che Andrea lo avrebbe fatto.
