Nei sogni certe cose difficili, se non impossibili, riescono con una facilità persino irrisoria. Quando sogno di volare, cosa che purtroppo non mi accade da tempo, mi ritrovo a correre in discesa per qualche cittadina umbra e a un certo punto i piedi si staccano da terra e a un passo in aria ne seguono un altro, un altro ancora fino a quando mi ritrovo non dico a volare sopra le città o le montagne, ma a svolazzare meglio d’un fagiano.
In questi primi mesi del 2021 ho avuto due sogni che potrei classificare come allucinazioni competitive.
Nel primo vincevo l’UTMB. Il livello dei rivali forse non era quello delle edizioni più prestigiose – non ricordo di aver superato Kilian o D’Haene – e anche l’arrivo non era nulla di entusiasmante, o forse manco l’ho sognato. Però ricordo bene che a un certo punto avevo la sensazione per nulla sgradevole di aver vinto. Gli arrivi reali sono stati dunque più entusiasmanti di quelli sognati, mentre diversa è stata appunto la fatica: nel sogno vinci il trail più importante del mondo praticamente senza faticare.

La seconda allucinazione competitiva del 2021 risale a pochi giorni fa. Sognavo di salire nientemeno che Action Directe. Per chi non è troppo addentro alle faccende arrampicatorie, penso che sia sufficiente dire che probabilmente Action Directe è la più famosa via di arrampicata sportiva al mondo: liberata da Wolfgang Güllich nel 1991 è stato il primo 9a in assoluto.

Per riuscire a salirla, Güllich inventò uno strumento di allenamento (di tortura), appunto il Pan Güllich (per gli anglofoni “Campus Board”) che gli permise di allenare le dita per compiere il mostruoso lancio a un bidito partendo da un monodito. Nel sogno Action Directe era un po’ più breve della realtà e il passaggio chiave mi riusciva con una tale facilità che mi rendeva incredulo. Così dalla sosta della via chiamavo le persone in basso per chiedere di controllare se davvero io fossi riuscito a passare senza barare. Tra le persone alla base della via questa volta i campionissimi non mancavano e, oltre al più distante Adam Ondra, c’era Patxi Usobiaga, anch’egli salitore della via. Lo chiamavo affinché verificasse che davvero io ce l’avessi fatta, ma poi mi sono svegliato.
Apparentemente il mio sogno arrampicatorio non ha molto a che fare con il Tor, ma in realtà mi piace trovare dei legami.
Patxi Usobiaga, oltre a essere un fortissimo arrampicatore e ad allenare alcuni dei più forti climber, tra cui Adam Ondra, alcuni anni fa venne alla Sisport a Genova per uno stage di arrampicata. Forse il Patxi del sogno è l’equivalente della mia allenatrice Sonia e io che in cima alla via chiamo Patxi, forse sono io che all’arrivo delle gare più importanti telefono a Sonia, se lei non è già lì ad attendermi.
Patxi Usobiaga su Action Directe (ph. Bernardo Gimenez) All’arrivo dell’UTMB telefono a Sonia (ph. Monica Pagliai)
Quanto a Güllich, l’unica cosa in comune che riesco a trovare sono delle foto in una mise un po’ animalier: lui su Separate Reality nella foto che nel 1986 fece sognare e sudare freddo me e chissà quanti altri al mondo, io in uno scatto da martedì grasso.
Güllich slegato su Separate Reality (ph. Heinz Zak) Io che faccio il cretino A differenza di Güllich, io per salire Action Directe non ho dovuto allenare le dita (ph. Kurt Albert)
Ecco, per il momento il Tor rimane nella sfera dei sogni e penso che nei prossimi mesi lo sognerò più volte. Nel frattempo, per realizzare i sogni ho cominciato ad allenarmi, ma di questo parlerò in una prossima puntata.
9 pensieri riguardo “Verso il Tor des Géants (2). Sogni mostruosamente proibiti.”