
La notizia è già stata commentata, stracommentata, commentatissima ed è in fondo giusto che sia così: durante i Giochi Olimpici la sportiva più forte del mondo non se l’è sentita di continuare a gareggiare.
Agli eventuali moralisti, che probabilmente penseranno che al mondo ci sono ben altri drammi a cui pensare, dico che non è detto che le notizie di interesse mondiale debbano essere infauste, che non esistono solamente guerre, terremoti, cambiamento climatico, pandemia e tutte le altre disgrazie tra le quali si cerca di sopravvivere, ma possono esistere cose piacevoli di cui è giusto godere e parlare. Io penso che un volteggio di Simone Biles – altri potrebbero dire un passo di danza di Nureev o Maria Callas che canta la Norma di Bellini – sia qualcosa che nobilita l’umanità e che gioirne sia giusto.
È chiaro che molte cose scritte su Simone Biles sono inevitabilmente sciocchezze, magari persino mostruosità. Ho già letto commenti che esaltano il coraggio di ammettere la propria debolezza, confronti con donne che in queste olimpiadi sono risultate vincenti, parallelismi, invero un po’ iettatori, con atleti suicidi. Immagino che da qualche parte ci sia chi ha tirato in ballo Maradona, George Best e Marco Pantani e ho letto addirittura – dico il peccato, ma non il peccatore – una cosa di questo genere: “Sarà una connessione azzardata, ma la storia di Biles porta rapidamente il pensiero a Youns El Boussettaoui, il 39enne morto per un colpo di pistola davanti a un bar di Voghera”.
Ecco che la tentazione è quella di ammettere che non sappiamo niente di ciò che prova dentro Simone Biles e che quindi dobbiamo tacere. Però una cosa da non-psicologo e da non-qualsiasi-altra-cosa vorrei dirla, perché ho l’impressione che non sia tenuta bene in considerazione.
Ho scritto che Simone Biles è la sportiva più forte del mondo. Che cosa significa una frase così apparentemente esagerata? Simone Biles ha portato la ginnastica a livelli mai visti prima, ciò che sta facendo da ormai molti anni era impensabile come il 10 ottenuto nel 1976 a Montreal da Nadia Comaneci. Chi non ha esperienza di sport e probabilmente anche chi ne ha esperienza, ma non a un livello agonisticamente impegnativo, fatica a capire il livello di forza mentale che è richiesto dall’essere il più forte o la più forte al mondo. Faccio un paio di esempi da un mondo che un po’ conosco, quello dell’arrampicata sportiva. Quando Wolfgang Güllich si preparava per riuscire a salire Action Directe, che sarebbe diventata la prima via di 9a al mondo, dovette inventarsi un nuovo attrezzo di allenamento, il Pan Güllich o Campus Board, uno strumento che richiedeva non soltanto forza di dita, ma una coordinazione neuromotoria mai sperimentata prima. A cavallo del 2000 Fred Nicole ha portato il bouldering, l’arrampicata sui massi, a nuovi livelli e per farlo ha dovuto non solo avere degli avambracci degni di Popeye, ma la capacità di usare la sua forza in una posizione scomoda per quel preciso momento in cui doveva raggiungere l’appiglio successivo di Dreamtime. Güllich e Nicole però erano celebrità solamente tra gli arrampicatori.
Simone Biles, invece, è arrivata a Tokyo come la stella numero 1. Tutto il mondo si aspettava una pioggia di medaglie d’oro e gli appassionati di ginnastica artistica tremano domandandosi se tenterà lo Yurchenko con doppio carpio al volteggio. Gli unici paragoni sensati che mi vengono in mente sono quelli con Michael Phelps che nel 2008 doveva vincere 8 medaglie d’oro per superare le 7 vinte da Spitz 36 anni prima e con Usain Bolt che nel 2012 doveva replicare i 3 ori di 4 anni prima. Phelps nel 2008 era la star più attesa, era il predestinato che doveva compiere ciò che non si era mai visto e che tutti sapevano che avrebbe potuto fare perché 4 anni prima aveva già vinto 5 ori. Bolt nel 2012 era chiamato a ripetere ciò che aveva fatto a Pechino, cioè portare il mondo a una nuova velocità. Tutto il mondo stava guardandoli e si aspettava solo che ce la facessero.
Eppure per Simone Biles c’è una difficoltà in più, perché mentre Bolt e Phelps avevano degli avversari nelle corsie accanto, Biles è invece da sola in pedana. Bolt aveva un piccolissimo margine di errore, poteva non uscire per primo dai blocchi, ma poi recuperare e lo stesso poteva fare Phelps, che forse poteva permettersi una virata non perfetta. Biles non può permettersi nulla di meno della perfezione, il livello delle ginnaste più forti al mondo è tale che il minimo errore pregiudica la gara, specialmente nelle finali di specialità (nell’all around un errore in un attrezzo può essere recuperato negli altri attrezzi, lo si è visto oggi con gli anelli “normali” di Hashimoto riscattati da una sbarra superlativa). Aggiungiamo pure che compiere certi salti è pericoloso. Ebbene, tutte queste cose Biles le sapeva e le sa, noi normalmente le dimentichiamo, a volte riusciamo a pensarle, ma non abbiamo minimamente idea di che cosa possa significare essere la migliore al mondo, saperlo e sapere che tutto il mondo lo sa e da te si aspetta la perfezione.
Hai detto bene, per essere uno sportivo di alto livello (anzi, per arrivare ad alti livelli in qualsiasi campo) ci vuole forza mentale. Se la Biles non ce l’ha non può essere una sportiva di alto livello, indipendentemente dall’eccellenza delle sue qualità tecniche.
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Non sono d’accordo, Simone Biles non è un’atleta di alto livello, bensì di livello stratosferico. Tra il 2013 e il 2019 ha vinto 19 ori ai campionati del mondo, oltre ai 4 ori vinti alle Olimpiadi di Rio de Janeiro.
Potrei continuare con un elenco di record, ma mi limito ricordare che ci sono ben 4 elementi in 3 specialità diverse che portano il suo nome. Ricordo che, affinché un nuovo elemento sia riconosciuto, deve essere eseguito in una gara ufficiale internazionale.
Quello che ho cercato di dire è che il livello di stress al quale è sottoposta un’atleta come Biles è difficilmente paragonabile a quello di qualsiasi altro atleta. Bolt e Phelps, che ho scelto come i due esempi recenti più significativi, ma avrei potuto aggiungere Carl Lewis che nel 1984 “doveva” eguagliare Jesse Owens, avevano gli occhi del mondo puntati addosso, ma dovevano semplicemente vincere. Biles per vincere deve anche essere perfetta, perché la ginnastica artistica è uno sport che richiede la perfezione del gesto.
Un compagno di corse che è allenatore di pallavolo in A2 mi ha mandato su whatsapp un messaggio secondo me molto giusto: “Ognuno può avere uno stile molto personale di nuoto o di corsa, ma quel che conta è cosa dice il cronometro alla fine di una determinata distanza, nella ginnastica no, la tecnica non è un mezzo, è quello che viene giudicato e che subordina il risultato finale e il voto dei giudici, da quel punto di vista serve ulteriore durezza mentale e forse aggiunge un ulteriore carico ai protagonisti di questa disciplina, oltre ad una precocità che di certo non semplifica i processi mentali per ottenere quei risultati.
Non è facile essere il migliore in nessun caso, nella ginnastica probabilmente è ancora più difficile”.
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Anni fa ho partecipato ad un concorso pubblico. Anche in quel caso non bastava superare le prove, dovevo anche superarle con un ottimo punteggio: infatti se le avessi superate per il rotto della cuffia sarei finito tra gli idonei (e in tal caso sarebbe stato come perdere) o tra gli ultimi dei vincitori (e in tal caso mi avrebbero dato una cattedra molto lontana da casa mia). Mi rendo conto che non è proprio la stessa cosa (perché lì potevi risultare vincitore anche sbagliando qualcosa e anche arrivando sessantesimo), ma era un esempio per farti capire che so benissimo quanto sia dura partecipare ad una gara in cui vincere è durissima, eppure potrebbe non bastare. Ma sono arrivato in fondo a quella gara, l’ho vinta e ho ottenuto un ottimo punteggio: non perché avessi una preparazione mostruosa, ma perché avevo forza mentale. Per questo mi sono spinto a dire che è un requisito così importante per arrivare ad alti livelli: non parlavo a vanvera, mi esprimevo con cognizione di causa. Se non ricordo male sei un mio collega, quindi immagino che tu sappia benissimo di cosa sto parlando.
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Capisco, tuttavia resto convinto che la forza mentale che possiamo aver usato per vincere un concorso non sia comparabile con quella richiesta a una pluricampionessa olimpica che deve confermarsi.
Ti racconto qualcosa di cui ho esperienza diretta e che arriva vicino a Simone Biles.
Nella prova a squadre di ginnastica artistica, quella in cui Biles si è ritirata dopo il primo esercizio e gli USA sono arrivati secondi, l’Italia è arrivata quarta. Tra le ginnaste c’erano le gemelle Alice e Asia D’Amato, che fino al 2015 si allenavano nella stessa palestra di mio figlio, anche lui ginnasta e loro coetaneo. Ebbene, ti assicuro che è difficile anche solo immaginare che allenamenti fossero in grado di sopportare quando avevano 9-10 anni, per non parlare di ciò che facevano a 12 anni, cominciando già a sfidare gli infortuni. Poi a 12 anni hanno lasciato città e famiglia e si sono trasferite a Brescia, per allenarsi con la Brixia la società di ginnastica per la quale gareggiano tutte e 4 le ginnaste che hanno sfiorato il podio olimpico a squadre. Dal giorno in cui sono finite le Olimpiadi di Rio, i loro allenamenti massacranti, le vittorie ai campionati italiani, il bronzo mondiale a squadre, il bronzo europeo individuale di Alice alle parallele sono stati finalizzati a Tokyo. Ieri Alice è stata finalista nell’all around ed è arrivata ventesima. La determinazione che vedevo anche solo in allenamento negli occhi di questa ragazza era mostruosa e sto parlando della ventesima alle Olimpiadi.
Ho parlato di determinazione, ma tutta la determinazione del mondo non servirebbe a nulla, ma davvero a nulla, senza l’allenamento mostruoso e i movimenti provati migliaia di volte. Hai scritto che hai “ottenuto un ottimo punteggio: non perché avessi una preparazione mostruosa, ma perché avevo forza mentale”. Ebbene anche semplicemente la ventesima alle Olimpiadi ha bisogno di preparazione mostruosa e forza mentale, senza la quale non solo non si affronta la gara, ma neppure si regge un giorno di allenamento a quei livelli.
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Ti ringrazio per il tempo che mi hai dedicato nel rispondere in maniera così articolata ai miei interventi. Rimanendo in tema di scuola, ti segnalo questo post, sia perché è molto carino, sia perché mi ha ispirato delle riflessioni che ho condiviso nei commenti: https://marisasalabelle.wordpress.com/2021/07/30/no-dottore/
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