E se Valditara avesse ragione sui dinosauri?

Ma tu guarda se, dopo aver difeso Marta Fascina, mi tocca pure difendere il mio capo, il ministro dell’istruzione Valditara. Anzi sarebbe ministro dell’istruzione e del merito, ma io non ce la faccio a usare questa denominazione ridicola.

Dunque, qualche settimana fa Valditara ha detto più o meno queste parole:

Io non ho detto che non debbano conoscere il cretaceo, il paleozoico, o che siano esistiti i dinosauri. Ma conoscere tutte le specie di dinosauri, persino il nome di quel felino vissuto in America 40 milioni d’anni fa… Hanno perso un giorno in una scuola di Roma a parlare di un felino vissuto in Messico 40 milioni di anni. Ma che me ne frega, scusatemi. Queste sono sciocchezze, perché un conto è dire che c’è stata una evoluzione, e io riconosco l’importanza della teoria darwinista, per carità. Un conto è dire che prima della nascita dell’uomo stesso c’è stata una evoluzione. Un conto è ricordare le varie epoche, le varie basi che hanno poi portato finalmente alla civiltà del bronzo, del ferro e quant’altro”

È importante sapere che sono esistiti ma se noi siamo italiani – ha aggiunto Valditara – forse lo dobbiamo al Risorgimento che va studiato, come va studiata la Seconda guerra mondiale, la Guerra fredda e l’epoca del terrorismo

Dico più o meno, perché del modo in cui vengono riportate le parole sui giornali non sempre ci si può fidare, specialmente se il giornale è su posizioni politiche diverse rispetto a Valditara. Inoltre io stesso, per ragioni espositive, ho cucito insieme un paio di affermazioni.

È chiaro che è un esercizio facile quello di smontare le parole del ministro: a me per esempio basterebbe un “quant’altro” per dire male di Valditara; i paleontologi si sono invece prodigati in spiegazioni sulla necessità di studiare i rettili giganti, oppure c’è chi ha spiegato come la paura e l’attrazione per i tirannosauri siano fondamentali nello strutturare la personalità dei bambini.
Però, sicuramente in maniera maldestra, Valditara ha posto un problema che io, insegnando storia, mi trovo ad affrontare.

Perché gli studenti sanno così poco di storia? Perché non hanno il senso della storia?

Partiamo dal quadro legislativo. I programmi scolastici non esistono. Esistono le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, che, a proposito dell’insegnamento della storia, dopo doverose considerazioni generiche recitano che “alla scuola primaria sono assegnate le conoscenze storiche che riguardano il periodo compreso dalla comparsa dell’uomo alla tarda antichità”. In altre parole, se va bene si arriva alla caduta dell’Impero romano.

Più vincolanti delle indicazioni nazionali sono però i libri di testo, che affrontano la storia a partire dai volumi della classe quinta. Prima è preistoria, che sia con gli uomini o senza gli uomini.

Quello che vi chiedo – non lo chiedo più a me perché lo faccio da anni e mi sono dato delle risposte – è allora quali siano le conoscenze storiche che davvero permettono di acquisire sia delle nozioni, sia un senso della cronologia un po’ più stringente di un generico “prima” e “dopo”. L’unica risposta che riesco a darmi è che il senso della cronologia, la capacità di porre gli eventi nel tempo con precisione si acquisiscono quando si comincia a studiare la storia romana. Prima si studiano dei popoli – i Fenici, gli Egizi, i Sumeri -, ma in una prospettiva sincronica. Forse i Greci permettono già di acquisire un po’ di profondità storica, ma sono troppo poche le pagine loro dedicate; con i Romani invece si cominciano a studiare eventi che stanno prima ed eventi che stanno dopo: c’è il 753 a.C. della fondazione, il 509 a.C. della Repubblica, il 44 a.C. della morte di Cesare, c’è Ottaviano che è prima di Nerone, mentre Traiano viene prima di Costantino. Se non ci si fermasse a Romolo Augustolo, il fondamentale esercizio di collocare gli eventi nella storia continuerebbe, con il giorno di Natale dell’800 in cui Carlo Magno viene incoronato, Cristoforo Colombo che il 12 ottobre 1492 arriva in America e via dicendo.

Se c’è una cosa che mal sopporto è il rimpianto della “scuola dei miei tempi”, però posso dire che aver studiato in V elementare il Risorgimento (ma non ci eravamo fermati lì), con tanto di piena padronanza delle Guerre d’indipendenza, mi ha aiutato ad acquisire un buon senso storico. Sicuramente ero più predisposto di altri compagni, tanto è vero che adesso sono un insegnante di lettere e non un amministratore delegato o un muratore, tuttavia l’attuale scansione dei programmi – pardon, delle indicazioni nazionali – non aiuta ad acquisire un adeguato senso storico e l’obiettivo principale nei tre anni in cui gli studenti imparano qualcosa con me è quello di far capire che il passato non è buco nero in cui non c’è distinzione di tempo tra Kurt Cobain, l’allunaggio, Elvis Presley, Roosevelt, la regina Vittoria.
Poi si cerca di far ricordare un po’ di nozioni e di metterle in ordine, ma è dura per bambini e ragazzi che alla primaria hanno magari partecipato a tante iniziative sulla Shoah, ma non sanno quando c’è stata la Seconda guerra mondiale perché erano arrivati a Diocleziano.

pair of giant sauropods walking through water and a swarm of flying pterosaurs

8 pensieri riguardo “E se Valditara avesse ragione sui dinosauri?

  1. Uno dei problemi principali che riguarda la storia, ed è una cosa che noto troppo spesso, è che tendono a spiegarla quasi come se stessero giocando a tombola. Ti dicono le date che devi sapere e che cosa è successo lì. E questo è il modo peggiore di studiare la storia perché la storia è un insieme di eventi che hanno portato a delle conseguenze. Cause ed effetto e studiare la scuola ci aiuta anche a capire i problemi odierni (per esempio se si studia la nascita del Regno d’Italia ci si rende conto che i problemi di allora sono gli stessi di quelli di oggi). Io non ci trovo nulla di male nel fare una gita alla scoperta dei dinosauri, anche quella è cultura ed educazione. Quello che dico io è di migliorare il metodo d’insegnamento della storia che nel corso degli anni si è semplificato in maniera tremenda.

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  2. la linea del tempo è completamente assente nei nostri allievi. Gli psicologi dicono che dipende dall’uso di Internet, che abitua i bambini a collegare le cose, non a disporle in ordine cronologico. per una volta sono d’accordo con gli psicologi.

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  3. Ciao Alessandro, mi fa piacere che sei tornato a scrivere con assiduità. Come sempre ti leggo e spesso commento. Spero che i miei commenti lunghi non ti diano fastidio, nel caso, fammi sapere. Poni ai tuoi lettori (quindi anche a me) un quesito importante e sinceramente non ho modo di dare una risposta il più possibile scevra da cascami emotivi e personali. Posso basarmi sulla esperienza dei miei figli (attuale e comparare su quanto visto sulla mia pelle). Qui in Belgi, esiste una forte, non saprei definire se eccessiva, orientazione verso la quantificazione delle grandezze. Ieri mi stupivo che in un compito di mia filia (5° anno scuola primaria), venisse chiesto di quantificare il camion adatto per un trasloco (di tot mobili, ciascuno con peso e ridondanza in numero), tra i tre proposti, con tanto di capacità volumica e di peso e costo di noleggio. Era un compito di 5 elementare. Un quesito di questo tipo, per motivi autobiografici, mi sono dovuto a trovarlo davanti varie volte negli ultimi 20 anni, vista la mia indole di emigrante compulsivo. A parte questo pippone… vedo che mia figlia ha tutti gli strumenti ad 11 anni, per non andare in sbatti (scusa il vernacolo milanese) davanti a questioni pratiche e di quantificazione. Anche nella catalogazione degli eventi storici, pur non seguendo la stretta cronologia nel programma scolastico, riesce ad identificare chi è venuto prima tra Napoleone che ha studiato 3 anni fa, i vari Re del Belgio e la Seconda guerra mondiale che ha studiato ora. Puo’ essere una sua predisposizione, un po’ come la tua? Potrebbe. E’ probabile che sia stata la scuola a darle delle coordinate di quantificazione per muoversi? Puo’ anche essere. Io sono nato nel 1977. Nella scuola primaria fatta ai miei tempi, si iniziava in terza con la preistoria, si terminava in 5 con la II guerra mondiale. “La storia” si ripeteva altre due volte, tra medie e superiori. Credo fosse un lusso che non ci si poteva francamente più permettere. Dal 1988, anno in cui ho terminato la 5, sono accaduti giusto un paio di cose in giro. Credo che se a 19 anni oggi, una ragazza o un ragazzo esce dalla scuola senza sapere chi è stato Nixon, Carter, Deng Xiao Ping, Rajiv Gandhi, Gorbaciov, Craxi in Italia (purtroppo).. qualche “souci” (e il paese dobe si trova) potrebbe vagamente averlo. Vedo che pero’, qui su WP, ho qualche rogna quando dico queste cose e spesso con qualche amico in Italia, che pretende di recuperare la cultura greco-ellenica per la formazione dei suoi studenti e protarla nn so ad libitum… plasmando dei classicisti? Boh? Ognuno dice un po’ la sua, un po’ sulla base della sua autobiografia…come al solito. E questo non è un bene. Un caro saluto.

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    1. Ciao Fritz. Trovo molto interessante l’ossessione belga che tu riferisci per la cultura quantitativa. Esiste anche in UK e USA. In Usa, per esempio, nella scuola dell’oblligo ci si addestra a fare ipotesi sulle quantità senza strumenti di misura precisi; a comprendere distanze e volumi in contesti pratici; a maneggiare semplici calcoli numerici utili per la vita di tutti i giorni, come capire un mutuo o semplici statistiche; a capire per sommi capi cosa è rappresentato in un semplice grafo (nessun giornalista italiano, un laureato, lo sa fare). Chiedi a una signora americana quanto è grande il suo salotto o un bagno e avrai una risposta molto realistica in mq; chiedilo a un’italiana, e otterrai solo imbarazzate similitudini. Chiedi a un tassista il volume della sua auto, a Chicago o a Milano….

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      1. PS: Che la cultura classica sottragga qualcosa alle altre, è una fantasia. Come temo di avere già detto e in tal caso chiedo venia, i più grandi scienziati italiani viventi hanno fatto in maggioranza il liceo, spesso classico. E’ poi un miraggio che se io studio Ovidio non mi resti posto in testa per Kissinger e che Omero spinga fuori Mussolini. La verità è che ci sono le buone scuole, le scuole mediocri, i buoni insegnanti e quelli meno buoni. C’è tutta una gamma. Ci sono eccellenti istituti tecnici e ci sono liceacci sfigati dove tutti prendono 100/100 alla Maturità senza neppur saper leggere. Se ci càpita una buona combinazione tra scuola e insegnanti, allora tutto ma proprio tutto ci entra dentro la testa.

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      2. Si, non so se è una ossessione, non ne parlavo proprio in questi termini, constato semplicemente. Immagino che a qualcuno possa sembrare giusto, ad altri no. Per mia indole e autobiografia mi trovo in sintonia. Noto che per mia figlia, per rispondere ad Alessandro, il fatto che lei sappia muoversi nelle grandezze fisiche agevolmente, sotto stimolo scolastico, ma anche un po’ per peedisposizione, le permette una altrettanto agilità nella ubicazione temporale degli eventi storici e dei personaggi che ha studiato in questi tre anni, i quali non sono stati affrontati in ordine cronologico (vado pet sommi capi per quanto concerne l’ordine che lei ha seguito: Napoleone, nascita del Regno del Belgio, poi un salto nel Medio Evo con focus su Carlo Magno, poi Cristoforo Colombo, poi non so su quale nesso si è continuati sulla storia delle immigrazioni in Belgio (con focus su quella italiana e polacca tra 1850 e 1930 poi prima e seconda guerra mondiale. L’anno prossimo, ultimo anno, il 6, non ho la più pallida idea di cosa studieranno in storia. Fatto sta, che lei riesce perfettamente a mettere in sequenza temporale esatta tutto ed in ogni caso. Credo (non è un verbo che amo) ci sia una forte correlazione con lo studio “ossessivo”, alla fine l’ho detto, delle grandezze e la dimestichezza anche con la corretta ubicazione temporale. Sul fatto che anche in USA (dove ho vissuto un anno e andato a passarci almeno 2 mesi all’anno per 5 anni per lavoro) sia come riporti, anche non avendo esperienze con il sistema scolastico. In Canada, anche, ed avendo lavorato nell’università lì, appena ci arrivai, lo notai subito, non solo nella vita quotidiana, ma anche nel modo di rapportarsi allo studio degli studenti. Anzi, non so se ti stupirà: anche in Spagna, hanno mediamente una capacità di rapportarsi a numeri e grandezze molto più famigliare che in Italia. Frequentazioni continue dovute a motivi di belle-famille. Saluti.

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  4. E’ stata la magnifica riforma Gelmini, 2010, a creare questo bel pastrocchio! Per non ripetere più volte i periodi storici, i riformatori hanno avuto questa bella pensata. Alle elementari solo preistoria e mondo antico. Nemmeno io sono una nostalgica dei bei tempi andati, ma ricordo bene che a dieci anni conoscevo la storia del Novecento, le guerre mondiali, non ricordo fino a che punto arrivassimo, ma ricordo molto bene che avevo una serie di libri di storia per bambini e che l’ultimo aveva in copertina il Palazzo dell’Onu di New York. Tra parentesi, quando avevo dieci anni io, eravamo nel 1965! Io credo che sia un diritto dei bambini conoscere la storia, e che ne abbiano le capacità: al loro livello, ovviamente, e l’insegnamento ciclico, ripetuto dopo alcuni anni, permetteva di tornare su temi già noti con una maggiore maturità a 14 anni o a 18!

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