Instagrammarsi a Parigi: un caso di studio

Intronando l’universo con la possanza della mia voce,
cammino – bello,
ventiduenne.

Vladimir Majakovskij, La nuvola in calzoni

“Sono andato da Shakespeare and Company. C’era tanta di quella gente in coda che mi è scappata la voglia di entrare” dico alla mia amica del cuore venuta per un po’ di giorni in Italia.
“Eh, è diventato un posto da Instagram” dice lei.

All’inizio di luglio sono andato a Parigi con mia moglie e le due figlie. L’amore per Parigi, ma soprattutto la fortuna e il privilegio, mi hanno permesso di esserci andato già molte volte nella mia vita. Anche per le mie figlie non era la prima volta, c’erano già state quando Notre-Dame non si era ancora incendiata, ma noi purtroppo non c’eravamo andati. Quest’anno invece siamo andati a vedere Notre-Dame e il suo cantiere, poi ho detto alle figlie: “attraversiamo la Senna che vi faccio vedere una cosa”. Arrivati davanti a Shakespeare and Company, che alcuni considerano la libreria più bella del mondo (può essere, il mio giudizio è troppo condizionato dalla mia esperienza) dico: “Una notte del 1994 dormii qui dentro”.
A maggio del terzo anno di università la mia amica Caterina ed io prendemmo il treno che partiva da Genova verso mezzanotte e al mattino eravamo a Parigi per andare dalle nostre due amicissime, anzi amichissime, Valeria (sì, quella di prima) ed Emanuela, che stavano facendo l’Erasmus. Non so se l’assenza di internet rendesse le cose più semplici o più complicate, se avventurose o semplicemente normali, comunque, non avendo prenotato niente, andammo subito a fissare le notti in ostello, lasciando però vacante l’ultima data. Valeria ed Emanuela ci portarono poi da Shakespeare and Company. Libri ovunque, anche in bagno; stanze, stanzette, scale, scaffali piegati dal peso e dal tempo, divani, letti. Sì, letti, perché scoprimmo che nella libreria il proprietario George Whitman ospitava chi lo chiedeva. Noi allora domandammo se avremmo potuto trascorrere in libreria la nostra ultima notte a Parigi. George fu d’accordo, a patto che scrivessimo qualche riga sul diario della libreria e così, forse senza neppure la proverbiale stretta di mano tra galantuomini, noi ci sentimmo sicuri che qualche giorno dopo ci saremmo potuti presentare da George. E così fu. Aiutammo a chiudere il negozio, poi passammo qualche ora a chiacchierare sulla Senna con altri ospiti e avventori – ricordo un ragazzo da Santa Barbara, anzi “Senta Barbra Chelifornia”, bello come deve essere un californiano – e un bohémien francese che aveva sotto braccio uno scartafaccio con il suo romanzo in fieri e probabilmente nel cuore la speranza di far colpo su Caterina. Insomma, le ultime ore del viaggio a Parigi ebbero tutti i requisiti per imprimersi nella memoria. Al mattino salutammo George, io comprai un libro, di Shakespeare ovviamente, e mi feci scrivere una dedica.

Quando nel 2000, ospite di Valeria, tornai con la mia quasi moglie a Parigi, feci una puntata da Shakespeare and Company e riuscii a salutare l’ormai molto anziano George, che comunque visse ancora a lungo e morì quasi centenario nel 2011, prodigio di libraio e di apparato respiratorio resistente agli acari della polvere.

Nel 2023, invece, c’era coda per entrare in libreria, era chiaro che Shakespeare and Company era entrato nel giro delle cose da vedere a Parigi. Non è che sia rimasto deluso, ma mi sono un po’ immalinconito.

coda nel 2023

Alla sera dello stesso giorno ci siamo però dati appuntamento proprio davanti alla libreria con i compagni di viaggio che durante il giorno avevano visitato luoghi diversi dai nostri e ho avuto il tempo di scambiare qualche parola con un commesso che stava chiudendo il negozio. Avevo il timore di sentirmi dire che la libreria era diventata proprietà di qualche fondo d’investimento, invece ho sentito con piacere che a dirigerla è la figlia di George. Quando ho poi detto che quasi trent’anni prima io avevo dormito all’interno della libreria, il commesso mi ha detto “cool” e poi che hanno l’intenzione di riprendere l’antica usanza. Che bella notizia!

Però è vero che Shakespeare and Company un po’ è diventata uno sfondo per storie di Instagram, come dice Valeria.
Siccome sono lento a fare le cose e a ragionare, solo dopo alcuni mesi ho deciso di scrivere su Instagram l’hashtag #shakespeareandcompany. Il post in cima alla ricerca è talmente esemplare che ho sentito il bisogno di raccontarlo, perciò eccomi qua. Le foto non le metto, lascio alle mie parole, spero sufficientemente evocative, il compito di farle apparire nella mente dei lettori. La protagonista è una donna che verosimilmente vive a Parigi e che ha 246mila follower. Non credo che sia un numero pazzesco, probabilmente le garantisce qualche vestito con cui fotografarsi, ma verosimilmente la tipa non è una che campa grazie ad Instagram. Ad ogni modo penso che possa essere definita come influencer.

La foto che appare per prima e che è quindi la più importante del post, presenta la nostra influencer di spalle davanti alla libreria. Indossa dei jeans non particolarmente attillati, un maglione corto che lascia capire che lei potrebbe permettersi anche dei calzoni molto più aderenti, una borsetta a spalla che – chiedo venia per la scarsa precisione – credo sia definibile a luna o piper. Nella seconda foto lei è di fronte e ha un libro aperto: è un’edizione non recente di Heaven’s My Destination di Thornton Wilder. Non so nulla né del libro né dell’autore. Nella terza foto la tipa mostra il profilo sinistro. Il libro è chiuso in mano. La quarta foto, frontale, è tagliata sopra la bocca e mostra da vicino il cardigan con i fiori e l’orologio. In tutte le foto si leggono su una lavagna accanto alla vetrina d’ingresso dei versi di Walt Whitman. Tra gli altri un verso recita “I spring from the pages into your arms”.

Il testo del post, con evidente richiamo ai versi di Whitman, al proprio cardigan e con facile figura etimologica, recita “Spring has sprung” seguito dall’emoji di un fiore.

A questo punto, però, è bene mettere una certa distanza che ci permetta di leggere il seguito con distacco. Lo farò tramite la traduzione in italiano. La nostra influencer, dovendo gestire un numero di commenti limitato, risponde a tutti, anzi a quasi tutti i commenti, così ecco di seguito la traduzione delle parole dei follower (F) con le risposte dell’influencer (I). In qualche caso muovo alcune osservazioni linguistiche, oppure aggiungo il termine in italiano contemporaneo.

I. È sbocciata la primavera

F1. Quale modello di levis
I. ribcage (segue cuoricino)

F2. Uno dei miei abbigliamenti prefe, il cardigan è così di classe (seguono faccina con cuoricini e cuoricino)
I. ohh contenta che ti piaccia !! (segue cuoricino)

F3. Piace il cardigan. per favore potresti condividere da dove viene?
I. (2 tag e un cuoricino)

F4. Che bella (seguono cuoricini negli occhi) [Il “beautiful” dell’originale non so se sia maschile/neutro o femminile. Di quale bellezza si parla? Di quella dell’influencer? Di una parte del suo corpo? Della libreria? Del libro che tiene in mano? Del contesto in generale?]
I. Grazie (seguono cuoricini)

F5. Adoro il maglione
I. Grazie Emilie (segue cuoricino)

F6. Piace il cardigan! per favore potresti condividere da dove viene?
I. (2 tag e xx)

F7. Da dove viene la borsa? Intrippata [l’ing. “obsessed” non sarebbe ben reso dal banale “ossessionata”]!!
I. D’annata [it. vintage]
F7. o mio dio sicuro che lo è! È talmente unica

F8. troppo presa [variazione sull’ing. “obsessed”] da questo abbigliamento
I. contenta che ti piaccia (segue cuoricino)

F9. Troppo bella (segue fiamma)
I. (cuoricini)

F10. Mi piace troppo
I. (cuoricini)

F11. Questo cardi (seguono faccine con i cuoricini negli occhi)
I. (cuoricini)

F12. Che abbigliamento bimba (segue cuoricino azzurro)
I. grazie bimba (segue cuoricino rosso)

F13. Piace l’abbigliamento elegante
I. (cuoricini)

F14. Ok ho bisogno di questi jeans
I. ih ih, ‘na cosa imprescindibile (It. must-have)
F14. La strepitosa vestibilità attillata dei Levi’s

F15. Il cardigan più perfetto di sempre
I. Grazie (seguono cuoricini negli occhi)

[A questo punto il traduttore è già stufo e sicuramente lo saranno pure i lettori. Passiamo dunque al terzultimo commento, quello in cui l’influencer elenca gli hashtag]. Per facilità di lettura e per volontà di straniamento, stacco le parole. Non intervengo però sugli ultimi due hashtag.

I. #atmosfera parigina, #vibrazioni francesi, #stile parigino, #come essere una parigina, #stile con sprezzatura, #sprezzatura chic, #stile di vita parigino, #stato d’animo parigino, #la vita parigina, #lo stile alla francese, #stile di ragazza francese, #la parigina, #chic parigino, #si parla di moda, #situazione da abbigliamento del giorno, #vibrazioni parigine, #stile di strada parigino, #alla francese, #parigina, #ragazza francese, #stato d’animo parigino, #vibrazioni d’annata, #jeans levi’s, #maglioni con i bottoni, #capelli francesi, #abbigliamenti primaverili, #idee per l’abbigliamento primaverile, #primavera a Parigi, #shakespeareandcompany, #shakespeareandco

Seguono ancora tre commenti.

FX. Ehi *** (segue omino che alza un braccio) ho una proposta per te, potresti scrivermi in privato per favore?
I. [non risponde nei commenti e, verosimilmente, neppure privatamente, visto che si tratta del tipico messaggio di chi propone affari inverosimili, se non di un pappone o di un maniaco sessuale.]

FY. mette in sequenza una rosa, un bacio con cuoricino e un cuoricino.
I. [spietatamente non risponde a tanta tenerezza. Forse ha controllato il profilo del tipo e ha visto che è estremamente tamarro]

FZ. Bei… libri
I.[La nostra non risponde, forse perché il commento arriva 20 settimane dopo gli altri, probabilmente perché i libri non c’entrano niente con il post]

Un pensiero riguardo “Instagrammarsi a Parigi: un caso di studio

  1. Molta acqua è passata sotto i ponti dopo Sylvia Beach e ‘Papa’ e Shakespeare & Company era già quasi «luogo instagram» nel 1977, sebbene lei se ne fosse andata solo da quindici anni. Anche a me fu proposto di dormirci.

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