Stazioni e senso del ridicolo

Due giorni fa pensavo che la novità del giorno – parliamo di cose frivole – sarebbe stata la nuova funzione “mano alzata” di Google Meet. In effetti gli alunni della mia classe terza in quarantena e quindi in didattica a distanza se ne sono subito accorti e l’hanno subito utilizzata.

Tornando a casa con la metropolitana, è arrivata però la seconda sorpresa della giornata, cioè il cambio di nome della fermata di De Ferrari.

Non so se la novità risalga a due o più giorni fa, visto che salgo e scendo più spesso alla fermata di San Giorgio. A occhio e croce, comunque, direi che si tratta di una novità dell’ultima settimana. Ho rimuginato infastidito sulla rinominazione della fermata, poi, alla sera ho provato a documentarmi e mi sono affidato a una fonte ufficiale, cioè il sito del Comune di Genova:

Il renaming della fermata, manifesti pubblicitari e adesivi murali sugli arredi interni e lungo le banchine, la personalizzazione di un treno e di un bus AMT. La “nuova” stazione De Ferrari-Hitachi della metro si rifà il look e cambia nome grazie all’accordo di sponsorizzazione con Hitachi Rail, una delle quattro aziende – insieme a Tim, Coop e Terna –  che ha aderito a La tua metropolitana, il progetto di valorizzazione del metrò lanciato lo scorso febbraio da Comune di Genova e AMT.
Hitachi Rail ha brandizzato con il proprio marchio la fermata della metro di piazza De Ferrari attraverso la personalizzazione di pareti e arredi interni della stazione.
Gli interventi, che consistono nell’affissione di 44 pannelli di varie misure e un telone lungo cinque metri, raccontano il cuore, la visione e l’apporto tecnologico di Hitachi Rail. Con l’ausilio di testi esplicativi e immagini in alta risoluzione, il passeggero compirà un viaggio nel viaggio: spostandosi all’interno della stazione, visiterà i principali progetti realizzati dall’azienda e conoscerà le principali tecnologie messe in campo per rendere le esperienze di viaggio sempre più sicure, rapide e confortevoli.
Oltre al restyling della stazione, Hitachi Rail ha svolto anche un intervento di personalizzazione di un treno del metrò e di un bus AMT, decorati con gli elementi distintivi dell’azienda.
Un restyling che riguarderà anche altre tre fermate: Brignole, Dinegro e Sarzano, sponsorizzate rispettivamente da Tim, Coop e Terna. Aziende che, con Hitachi Rail, diventeranno parti integranti della mobilità pubblica.

La mancanza di senso del ridicolo è talmente lampante che forse è persino inutile accanirsi su questo comunicato, tuttavia non posso fare a meno di utilizzare un po’ di ferri del mestiere.

Orbene, il suddetto comunicato stampa mette in mostra quello che possiamo definire come anglismo anaforico ad minchiam, ma imperfetto.

L’anglismo – più o meno tutti lo sanno o lo intuiscono – è l’uso di un termine inglese all’interno di un contesto linguistico diverso, in questo caso italiano. L’anglismo diventa ad minchiam quando si configura come abuso, in particolare quando sostituisce un termine italiano perfettamente equivalente ed esistente (es. downloadare al posto di scaricare). Nel testo in questione abbiamo in particolare due anglismi interessanti: renaming (rinominazione è evidentemente un termine percepito come difficile o forse plebeo) e l’agghiacciante brandizzato, che non significa “che ha bevuto troppo Cognac o troppo Vecchia Romagna”, bensì “ha messo il proprio marchio”. Di passaggio, osserviamo che una frase come “Hitachi Rail ha brandizzato con il proprio marchio” è vagamente pleonastica, visto che brand significa “marchio”, e di conseguenza “Hitachi Rail ha marchiato con il proprio marchio…”

L’anafora è la figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di versi, strofe o frasi successive. L’esempio che si fa sempre con gli alunni è quello del terzo canto dell’Inferno: “Per me si va ne la città dolente, / per me si va ne l’etterno dolore, / per me si va tra la perduta gente”. Può andar bene anche Enzo Jannacci con “Quelli che”, oppure -così ritorno a far vedere che ho studiato -, il petrarchesco “Ov’è la fronte, che con picciol cenno / volgea il mio core in questa parte e ’n quella? / Ov’è ’l bel ciglio, et l’una et l’altra stella / ch’al corso del mio viver lume denno?” che riprende il fortunatissimo topos (più o meno “luogo comune”) medievale dell’ubi sunt (“dove sono”). Abbassandoci da Petrarca al sito del Comune di Genova, osserviamo che 4 capoversi su 5 del comunicato si aprono con un anglismo, visto che, oltre ai due già ricordati abbiamo il più difficilmente traducibile restyling (“rinnovamento” avrebbe comunque funzionato abbastanza bene).

L’anglismo anaforico ad minchiam è però imperfetto perché il terzo capoverso non contiene parole inglesi. In compenso è quello con il più alto contenuto di fuffa, quello (scusate la ripetizione, quasi un’anafora) che trasforma in “esperienze di viaggio” gli spostamenti dalla Darsena a Brin.

Qui mi fermo, così non mi avventuro in considerazioni politico-sociologico-filosofiche che non rientrano tra le competenze che mi sono riconosciute ufficialmente dalle università italiane e inglesi. Però una domanda la faccio: davvero qualcuno, leggendo “De Ferrari Hitachi”, penserà “ma guarda un po’, quasi quasi per comprare nuovi treni per la mia metropolitana non mi rivolgerò ad Alstom o a Siemens, ma a Hitachi”.

7 pensieri riguardo “Stazioni e senso del ridicolo

  1. A me invece salta subito il ticchio proprio perché stiamo finendo (poiché abbiamo iniziato decenni fa) come gli americani: un giorno avremo le scuole stesse finanziate e dunque implicitamente governate da Coca-Cola, TIM, LIDL (macchinette per le bevande, fibra ottica, banchi a rotelle nonché sneakers alla moda in dotazione “gratuita” a tutti gli studenti per l’ora di ginnastica).

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  2. “Brandizzato” è notevole. Suona come “marchiato a fuoco” – per affinità fonetica con “tizzo”, o perché Brand in tedesco è l’incendio; ma c’è anche Brandung, la risacca, e poi la nostrana branda, e sbrandare… un crocevia poetico di rimandi e corrispondenze.
    Ma la cosa veramente indecente è modificare nome della stazione per compiacere lo sponsor – che poi cosa ha fatto? si è fatto pubblicità no? Chissà se a Tokyo hanno una fermata della metro che si chiama che so, Shibuya-Panettone Motta.

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    1. Cara Elena, siamo noi che siamo vecchi. Per quanto potrebbero spiegarci che Hitachi è un’importante realtà genovese perché ha acquistato la divisione treni dell’Ansaldo, che questo è mecenatismo e chissà quali altre spiegazioni magnifiche e progressive, continueremo a sentirci più in sintonia con quell’altro genovese che, parlando di Milano nella “Domenica delle salme” alludeva con sarcasmo ai “palastilisti”. Ecco quasi quasi me la piglio con Trussardi, è lui che ha cominciato tutto mettendo il suo nome al palasport di Milano.

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